giovedì, Novembre 21, 2024
AmbienteUnione europea

Entra in vigore il regolamento europeo per la biodiversità

Le vacanze sono ancora in corso, ma già arrivano i primi bilanci e le prime conferme: il ruolo del cibo, dei prodotti tipici agroalimentari e della biodiversità per lo sviluppo turistico ed economico del nostro Paese è sicuramente primario.

I dati parlano chiaro: il 90% dei turisti statunitensi sceglie di fare una vacanza in Italia per la sua cucina e i suoi vini e più del 41% dei turisti italiani ha scelto dei prodotti agroalimentari tipici come souvenir di viaggio da tenere per sé o regalare a parenti e amici (indagine Ixè/Coldiretti). Un volume complessivo che, solo per gli italiani, supera i 10 miliardi di euro. 

Tre le chiavi di questo successo: la qualità dei prodotti agroalimentari, il loro legame con la storia e le tradizioni dei luoghi in cui sono coltivati e, soprattutto, la loro varietà; sono, infatti, 892 i prodotti a Indicazione Geografica tutelati dall’Unione Europea, tra specialità food, vini e bevande.

È quindi ancora più allarmante il ritmo con cui continua, nel nostro Paese e in tutto il territorio dell’Unione Europea, la perdita di biodiversità e il degrado degli ecosistemi: oltre l’80% dei diversi tipi di habitat nel nostro continente sono in un cattivo o pessimo stato di conservazione (dati Agenzia europea dell’ambiente sullo stato della natura nell’UE e Piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici – IPBES), con una pressione che continua a crescere soprattutto a causa dell’uso del suolo, dei cambiamenti climatici e di altre minacce come il ricorso massivo a fertilizzanti e input chimici.

Per porre un freno a questo minaccia, l’Unione Europea ha stilato un Regolamento, entrato in vigore lo scorso 18 agosto, che stabilisce obiettivi precisi per il ripristino degli ecosistemi degradati, in particolare di quelli con il maggior potenziale di cattura e stoccaggio del carbonio, e per la prevenzione e riduzione dell’impatto dei disastri naturali. 

La logica del Regolamento è chiara: la piena attuazione di questa legge è fondamentale non solo per ripristinare la biodiversità nella UE ed arrestarne l’ulteriore perdita, ma è anche uno strumento per migliorare la sicurezza alimentare e la sicurezza idrica di tutti i cittadini del continente e per mitigare i cambiamenti climatici, nel percorso volto a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. 

Per questo la nuova legge mette in moto un processo di recupero della natura nelle terre e nei mari dell’UE in cui la difesa della biodiversità si lega in maniera inscindibile al ricorso alle energie rinnovabili e ad uno sviluppo economico (produzione agricola compresa) più rispettoso dell’ambiente.

Tra gli interventi previsti:

  • Rimuovere, entro il 2030, gli ostacoli alla connettività naturale di almeno 25.000 km di fiumi; 
  • Riattivare le funzioni naturali delle pianure alluvionali;
  • Piantare almeno tre miliardi di alberi in più entro il 2030 su tutto il territorio della Ue, aumentando lo spazio verde nelle città;
  • Aumentare le popolazioni di uccelli che hanno come habitat i terreni agricoli (perché questo sia importante, lo spieghiamo in un precedente articolo).

Il Regolamento affida agli Stati membri il compito di decidere come attuare queste misure, in base alle specificità del proprio territorio e delle proprie regioni.

Ogni Stato membro dovrà, quindi, redigere un proprio Piano di ripristino nazionale, che conterrà le tempistiche con cui gli interventi verranno realizzati, le risorse finanziarie necessarie e i mezzi di finanziamento previsti, e i benefici che ci si aspetta di raggiungere attraverso questi interventi. Il Piano dovrà, inoltre, indicare le sinergie con altre politiche, come quelle per la lotta ai cambiamenti climatici, quelle per il degrado del territorio, la prevenzione dei disastri, l’agricoltura, la pesca, la silvicoltura e lo sviluppo delle energie rinnovabili.

Entro due anni dalla data di entrata in vigore del regolamento i Paesi europei dovranno presentare alla Commissione una bozza di piano definendo le tappe fondamentali per il 2030, 2040 e 2050. 

Tutti i piani dovranno essere sviluppati in modo aperto e trasparente, consentendo al pubblico e a tutte le parti interessate di partecipare al processo. La Commissione sosterrà le autorità nazionali nella elaborazione dei piani, che saranno sottoposti a valutazione. Entro sei mesi dal ricevimento di eventuali osservazioni, ogni Stato membro dovrà finalizzare il proprio piano, pubblicarlo e presentarlo alla Commissione. L’Agenzia europea dell’ambiente redigerà relazioni tecniche periodiche sui progressi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi. Gli Stati membri dovranno poi rivedere i loro piani entro il 2032 e il 2042.

Gli Stati membri potranno mobilitare i fondi necessari per portare avanti i propri progetti da fonti pubbliche e private, compresi i fondi dell’UE. Potranno attingere a diverse opportunità di finanziamento dell’Ue, tra cui i fondi della politica agricola comune, i fondi regionali, il programma LIFE, Horizon Europe (il fondo di ricerca dell’Ue) e il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura.

Una panoramica completa sul Regolamento (storia, target, obiettivi, documenti di approfondimento, ecc.) è disponibile alla pagina dedicata del sito della Commissione Europea.

Autore

  • Silvia Gravili

    Nata nell’81, dopo la laurea magistrale conseguita con lode e un dottorato di ricerca su sviluppo territoriale, turismo, sostenibilità e valorizzazione dei prodotti tipici delle filiere agroalimentari e artigianali, si è specializzata in Social media management. Esperta di comunicazione istituzionale, relazioni pubbliche e comunicazione di sostenibilità, attualmente svolge la sua attività al CIHEAM, l’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari.

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