venerdì, Novembre 22, 2024
Attualità

Dalla deflazione effetti negativi anche sull’agricoltura

La CIA, commentando i dati diffusi dall’Istat – secondo cui lo scorso anno l’Italia si è trovata in questo stato per la prima volta dal 1959 – sostiene che si tratta di una conseguenza del crollo dei consumi: “Le famiglie continuano a ridurre gli acquisti di beni alimentari primari come carne, pesce, frutta e sui campi i produttori spesso non riescono nemmeno a rientrare dei costi di produzione”.

La deflazione registrata nel 2016, che porta l’Italia indietro di oltre mezzo secolo, è la conseguenza diretta della caduta costante dei consumi domestici, con oltre 16 milioni di cittadini che solo nell’ultimo anno hanno ridotto gli acquisti di carne; più di 10 milioni quelli di pesce e 3,5 milioni quelli di ortofrutta. Lo afferma l’Ufficio Studi della Cia-Agricoltori Italiani, sulla base dei dati Ismea, in occasione del report sui prezzi al consumo diffuso oggi dall’Istat.

Ma l’andamento negativo si fa sentire anche all’origine, dove i prezzi spuntati dagli agricoltori sui campi non riescono, in molti settori, a coprire neanche i costi di produzione. Per fare qualche esempio -spiega la Cia- soltanto a ottobre (ultimi dati disponibili) i cereali hanno ceduto il 14% sul 2015, gli ortaggi il 18%, gli avicoli il 9%. Facendo una media tra i principali prodotti, si può stimare che per ogni euro speso dal consumatore finale, solo 15 centesimi sono andati nelle tasche dell’agricoltore. E questo nonostante, nel complesso del 2016, i prezzi degli alimentari al supermercato siano cresciuti dello 0,2% e quelli di vino e altre bevande alcoliche dell’1,5%.

“E’ chiaro, quindi, che c’è ancora tanta strada da fare per tornare ai livelli pre-crisi e che anche nell’anno appena passato i consumi delle famiglie sono rimasti deboli -osserva il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino-. Ma il 2016 certifica anche la sofferenza delle imprese agricole che, con i prezzi di vendita dei loro prodotti, sempre più raramente riescono a coprire le spese. Bisogna colmare con urgenza il divario di prezzo nei vari passaggi della filiera -aggiunge Scanavino- e, per farlo, serve un progetto che, da un lato, riduca le distanze tra gli attori con l’agricoltura più centrale, e dall’altro preveda nuovi orizzonti e favorisca la nascita di nuove relazioni e forme di dialogo con le rappresentanze d’impresa, come abbiamo proposto nella nostra Assemblea nazionale con il lancio dei ‘Network dei Valori’ per dare vita ad accordi quadro che tengano assieme agricoltura, artigianato, commercio, logistica ed enti locali”.

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