Da noi il cibo ha una storia
La Coldiretti propone, in collaborazione con la Soprintendenza Pompei, un viaggio alle origini del gusto italico con Eat’story. Dalla Fullonica di Stephanus al Thermopolio di Vetutio Placido.
di Barbara Civinini
Siamo quello che mangiamo, sosteneva, nell’800, Feuerbach, il noto filosofo tedesco, facendosi interprete di un concetto che si è progressivamente consolidato nell’immaginario collettivo. Oggi siamo perfettamente consapevoli che alle radici dell’alimentazione quotidiana, in fondo, è custodita la nostra identità ancestrale. Ed è proprio questa identità delle origini che la Coldiretti ha deciso di mettere in mostra nel cuore della metropoli partenopea, distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Per la prima volta nell’area archeologica di Pompei arriva il cibo degli antichi romani per far conoscere ai visitatori di tutto il mondo il legame che unisce la storia dell’Italia al proprio patrimonio enogastronomico. Un’opportunità unica per il nostro Paese, dove cultura e cibo sono le principali leve di attrazione turistica, strategiche per il rilancio dell’economia e dell’occupazione nel mezzogiorno e non solo, come dimostrano i dati Coldiretti.
“Eat’story – da noi il cibo ha una storia” consentirà a tutti i visitatori del sito archeologico di poter conoscere i prodotti della nostra terra che erano coltivati già in epoca romana. Per i prossimi due mesi, ogni martedì e sabato, negli orari di apertura degli scavi (9,00-15,30), presso la Casina dell’Aquila gli agricoltori di Campagna Amica faranno conoscere ai visitatori i cibi e i prodotti locali già presenti nell’antica Pompei. L’esposizione è corredata da un’accurata descrizione degli usi e consumi alimentari dell’epoca.
L’iniziativa inoltre prevede un percorso tematico all’interno degli scavi in alcune domus e edifici che presentano connessioni con il cibo, l’alimentazione, l’agricoltura, la natura e le sue rappresentazioni in epoca romana: la Fullonica di Stephanus con il riallestimento di strumenti originali di cucina, il Thermopolio di Vetutio Placido, l’equivalente di un nostro snack bar – molto diffusi nella cittadina partenopea, se ne contano più di 80 – la Casa del Frutteto e la Palestra Grande con l’esposizione di reperti organici.
L’iniziativa è stata realizzata dalla Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti in collaborazione con la Soprintendenza Pompei e il Grande Progetto Pompei, nato da un’azione di governo volta a rafforzare la tutela dell’area archeologica, con un programma straordinario d’interventi conservativi, di prevenzione, manutenzione e restauro, finanziati con fondi Fesr.
E’ prevista anche la degustazione di un tipico menu pompeiano composto di gustum, primae mensae e secundae mensae, consumato come volevano i costumi dell’epoca. Entro la fine di dicembre sono previsti 3 milioni di visitatori. Del resto, ricostruire la storia di Pompei attraverso i reperti organici rinvenuti integri – come ha detto il ministro Franceschini all’inaugurazione – è una vera emozione.
Nel nostro Paese i percorsi culturali sono sempre più legati all’offerta enogastronomica. I turisti a tavola spendono circa 26 miliardi, un terzo del budget complessivo (75 mld).