giovedì, Settembre 19, 2024
Agricoltura

Cresciuto del 4,5% rispetto al 2022 il biologico in Italia

Importanza dell’agricoltura per tutelare, far conoscere e valorizzare tutte le attività presenti su un territorio, centralità delle risorse idriche e necessità di comunicare meglio il mondo del biologico ai consumatori: sono questi i punti chiave di “Bio in cifre 2024”, il rapporto realizzato dall’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA) e dall’Istituto Agronomico Mediterraneo (CIHEAM) di Bari e presentato di recente sul lago di Bracciano. Una fotografia completa e affidabile di tutto ciò che ha interessato il settore dell’agricoltura biologica italiana nel 2023: superfici, colture, operatori, i dati regione per regione, i consumi domestici e i prezzi, le importazioni da Paesi terzi. 

Analizzando i dati relativi alle superfici, si conferma il trend di un biologico italiano che continua a crescere: +4,5% rispetto al 2022, per un totale di 2,46 milioni di ettari (106 mila in più rispetto all’anno precedente). Si tratta complessivamente di circa un quinto (il 19,8%, per l’esattezza) dell’intera Superficie Agricola Utilizzata (SAU), il che è un dato doppiamente interessante:

  • perché rende sempre più vicino l’obiettivo del 25% di SAU bio sul totale, da raggiungere entro il 2030 secondo quanto indicato dalla Commissione europea nel contesto della strategia Farm to fork e
  • perché conferma la specificità italiana di un rapporto tra superficie agricola biologica su superficie agricola totale più alto rispetto a quello dei principali concorrenti in ambito europeo (Francia, Spagna e Germania). 

L’incremento della SAU ha riguardato principalmente le regioni del Nord e del Centro, sebbene la maggior parte delle superfici dedicate all’agricoltura biologica restino concentrate nelle regioni del Sud. Sei (Toscana, Marche, Lazio, Basilicata, Calabria e Sicilia) sono invece le Regioni che hanno già superato la soglia del 25% di incidenza della SAU biologica sulla SAU totale.

Incidenza della SAU biologica sulla SAU totale per Regione. Fonte: “Bio in cifre 2024

Seminativi (42,1%), prati e pascoli (29,7%), colture permanenti (22,8%) e ortaggi (2,5%) scandiscono, con il 3% di terreno a riposo, la ripartizione della SAU bio.

E se i cereali, legumi, patate, barbabietole, piante e fiori assorbono più di due terzi (il 42,1% di cui sopra) di tutti gli orientamenti produttivi, c’è invece un settore di cui si parla ancora molto poco: l’acquacoltura.

Distribuzione regionale delle aziende di acquacoltura biologica in Italia. Fonte: “Bio in cifre 2024

Il settore, che comprende pesci, mitili, molluschi, alghe e crostacei, non ha infatti ancora visto un interesse deciso degli operatori: la situazione degli impianti condotti con il metodo biologico rimane sostanzialmente invariato (-1,4%) rispetto al 2022, sia in termini numerici (68 aziende) che nelle caratteristiche dell’allevamento. Veneto ed Emilia-Romagna raccolgono il 72% della totalità degli impianti italiani, con la vocazione per la produzione di mitili e molluschi.

Per quanto riguarda gli operatori (categoria che comprende produttori esclusivi, produttori/preparatori, preparatori esclusivi, importatori) il loro numero totale è cresciuto di poco (+1,8% a 94.441 unità, rispetto al 7,7% del 2022): il fenomeno di crescita ha comunque in particolar modo riguardato le circa 84.000 aziende agricole (costituite da produttori esclusivi e produttori/preparatori), che sono l’89% del totale degli operatori biologici. Tra questi, soprattutto la crescita dei produttori/preparatori, giunti ad essere più del 15% sul totale, dimostra come, nel tempo, i produttori puri abbiano appreso che la combinazione delle due attività – coltivazione e trasformazione- possa rappresentare in un vantaggio economico.

Il settore è ancora rappresentato prevalentemente da uomini (per l’acquacoltura, gli operatori di genere femminile rappresentano solo il 10,3% del totale, a fronte del’89,7% degli operatori di genere maschile). Tuttavia, è interessante notare come la dimensione media delle aziende biologiche italiane nel 2023 sia quasi il triplo rispetto a quella delle aziende agricole convenzionali: circa 11 ettari per queste ultime (dati da ultimo Censimento dell’agricoltura), a fronte di un’estensione di poco superiore ai 29 ettari per quelle che utilizzano metodi biologici.

I consumi domestici di prodotti biologici (“Bio in cifre 2024” presenta i dati relativi al solo canale della Grande Distribuzione Organizzata – GDO), a fronte di volumi invariati, hanno raggiunto in valore i 3,88 miliardi di euro, registrando un incremento del 5,2% sul 2022 (è il tasso di crescita più sostenuto degli ultimi anni, seppur più contenuto rispetto al +8,1% dell’agroalimentare). Il confronto con la dinamica generale degli acquisti di prodotti alimentari, cresciuti dell’8,1% in valore, ma scesi dell’1,1% in quantità, evidenzia la minore spinta inflattiva del comparto biologico rispetto alla dinamica osservata per il carrello convenzionale.

Lo scontrino della spesa bio in Italia. Fonte: “Bio in cifre 2024

Se si guarda poi alla dinamica in volume, i consumi di prodotti biologici sono rimasti stabili (+0,2% sul 2022), mentre l’agroalimentare perde, rispetto al 2022, l’1,1%. La minor crescita in valore della spesa biologica domestica rispetto al totale agroalimentare appare attribuibile ad un aumento più contenuto dei prezzi delle referenze bio rispetto a quello riscontrato per le omologhe convenzionali. Perciò, nonostante la spesa alimentare per i prodotti biologici sia cresciuta complessivamente di oltre 191 milioni di euro nel 2023, il rapporto segnala, per il secondo anno consecutivo, una flessione della quota di biologico sul valore totale dell’agroalimentare italiano, che scende al 3,5%. Tale condizione è in parte legata al persistere del fenomeno inflativo, che, nonostante un rallentamento, nel corso del 2023 ha continuato ad incidere sul potere d’acquisto delle famiglie italiane, penalizzando l’aumento del consumo di prodotti certificati.

Nel 2023 le importazioni di prodotti biologici provenienti da Paesi terzi sono aumentate in volume del 37,8% rispetto al 2022. Sebbene l’incremento abbia riguardato tutte le categorie di prodotto, ad incidere maggiormente sono stati soprattutto ortaggi e legumi (+73,5%) e cereali (+67,8%). 

Paesi da cui l’Italia importa prodotti biologici (dati in volume). Fonte: “Bio in cifre 2024

I cereali si confermano la categoria di prodotti più importata, con un’incidenza percentuale sul volume totale dei prodotti bio provenienti da Paesi terzi del 28,0% (+5,0% sul 2022). Tale incremento è dovuto principalmente alla ripresa delle importazioni di grano duro dalla Turchia che nel 2022 si erano arrestate a causa dell’impennata dei prezzi e che, da sole, rappresentano l’11,8% delle importazioni complessive di prodotti biologici da Paesi terzi. La Turchia diventa anche il primo Paese di riferimento per l’approvvigionamento di prodotti biologici (grano duro, lenticchie e ortofrutta trasformata), seguita dal Togo (fave di soia) e dalla Tunisia (olio).

Certo, con il passaggio alla nuova programmazione della Politica Agricola Comune e il cambiamento di alcune regole sono emerse alcune criticità sia dal lato delle amministrazioni regionali, che hanno dovuto revisionare una macchina organizzativa collaudata dopo anni di politiche di sviluppo rurale e che chiedono la semplificazione della burocrazia, sia dal lato delle aziende beneficiarie, che hanno dovuto orientarsi in un fitto reticolato di vincoli, impegni e interventi talvolta in concorrenza tra loro per la non cumulabilità degli aiuti e che invocano interventi di formazione continua.

Né si può trascurare il disorientamento dei consumatori di fronte ai tanti prodotti che si fregiano di messaggi allusivi alla salute e alla sostenibilità ma che, a differenza del biologico, non sono sottoposti a rigidi controlli e a rigorose regole di produzione. Un disorientamento che, a sua volta, si traduce in una perdita di appeal del settore, di riconoscibilità dei prodotti di eccellenza e ridotta percezione della loro qualità.

Complessivamente, però, i dati del rapporto Bio in cifre restituiscono un quadro positivo per l’agricoltura biologica italiana, che rafforza la sua pluriennale leadership tra i Paesi UE.

Un quadro che, secondo il Sottosegretario all’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste Luigi D’Eramo, «potrà ulteriormente migliorare» grazie ai provvedimenti a sostegno dei biodistretti e delle filiere bio, alla realizzazione del Marchio del biologico italiano e all’adozione del Piano d’Azione Nazionale per la produzione biologica 2024-2027 (PANBio). 

Proprio quest’ultimo, ad esempio, prevede interventi sia a sostegno dell’offerta che a sostegno della domanda.

Nella prima direzione vanno la valorizzazione delle filiere locali, la messa a sistema degli strumenti già in essere, la promozione della ricerca specializzata, l’incentivazione dei meccanismi di sviluppo partecipato con aiuti diretti per il trasferimento di conoscenze, per i servizi di consulenza e per azioni di promozione e sviluppo dei distretti biologici (per i quali sono stati stanziati 10 milioni di euro) e dalle associazioni del comparto.

Nella seconda (fare leva sull’attenzione che il consumatore rivolge ai prodotti bio e “made in Italy”) vanno le campagne di comunicazione per aumentare la consapevolezza e l’informazione (se non crescono i consumi, anche l’espansione del settore rischia di fermarsi), la creazione di Marchio nazionale per il biologico e la conferma del fondo sulle mense scolastiche bio, attraverso cui si vuol aumentare la produzione e il consumo di biologico negli istituti scolastici, sensibilizzando le fasce più giovani a seguire un’alimentazione sana e sostenibile.

Azioni che, unite ai dati di “Bio in cifre 2024”, dimostrano come questo modello di agricoltura può essere protagonista di un progetto di sviluppo virtuoso di molte aree, coniugando sostenibilità, valorizzazione dei prodotti tipici e dei territori, sicurezza alimentare e salute, se garantite da regole e controlli. 

Autore

  • Silvia Gravili

    Nata nell’81, dopo la laurea magistrale conseguita con lode e un dottorato di ricerca su sviluppo territoriale, turismo, sostenibilità e valorizzazione dei prodotti tipici delle filiere agroalimentari e artigianali, si è specializzata in Social media management. Esperta di comunicazione istituzionale, relazioni pubbliche e comunicazione di sostenibilità, attualmente svolge la sua attività al CIHEAM, l’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari.

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