Cop21. Accordo a Parigi: +1,5° entro il 2020
L’accordo sul clima c’è. Dopo anni di negoziati mondiali, dopo due settimane di colloqui e di discussioni notturne, i delegati dei 195 Paesi partecipanti hanno raggiunto a Parigi lo storico accordo per limitare il riscaldamento globale. La bozza, presentata nella mattinata dal ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, presidente della 21esima Conferenza mondiale sui cambiamenti climatici (Cop21), fissa il limite del ‘global warming’ ben al di sotto dei 2 gradi centigradi entro il 2020, puntando all’obiettivo di 1,5 gradi.
Attenzione poi al taglio delle emissioni di gas a effetto serra, e all’impegno finanziario per aiutare i Paesi in via di sviluppo nella sfida alla sostenibilità ambientale. Un successo, secondo alcuni, soprattutto facendo il paragone con il protocollo di Kyoto, siglato nel 1997, che coinvolgeva di fatto solo 35 Paesi. Ora, precisano i negoziatori, si profila un’intesa più ampia: quasi 200 Paesi responsabili del 93% delle emissioni partecipano a un progetto di riconversione globale dell’economia.
UN ACCORDO AMBIZIOSO E VINCOLANTE
“Un accordo ambizioso, equilibrato, sostenibile e soprattutto giuridicamente vincolante”, aveva annunciato uno stanco Laurent Fabius, padrone di casa nella Cop21. Accanto a lui, visibilmente emozionato, il presidente francese, François Hollande, e il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban ki-Moon. “È uno storico punto di svolta”, ha ricordato Fabius. “Si tratta del primo accordo universale nella storia dei negoziati in termini climatici”, aveva rincarato la dose Hollande, ricordando che la sigla è stata posta a un mese esatto dagli attacchi di Parigi. “Quello che arriva dalla Cop21 è un messaggio di vita e sono orgoglioso che arrivi proprio da Parigi che un mese fa è stata colpita al cuore”, ha ricordato il presidente.
Nel dettaglio, punto chiave del testo di accordo è mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali entro il 2020 e proseguire gli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, “riconoscendo che questo ridurrebbe significativamente i rischi e gli impatti del cambiamento climatico”. Tra i sostenitori, più di 100 Paesi, l’Unione europea e soprattutto degli Usa. Tra i contrari, l’Arabia Saudita, secondo cui un obiettivo così ambizioso potrebbe mettere a rischio la sicurezza alimentare del pianeta.
Tra i nodi più controversi, l’obiettivo fissato nel testo, di ridurre le emissioni inquinanti. Nel testo si prevede di raggiungere un picco globale delle emissioni di gas a effetto serra nel più breve tempo possibile, riconoscendo che ci vorrà più tempo per i Paesi in via di sviluppo, e di “intraprendere – come si legge nel testo – riduzioni rapide da quel picco in poi secondo le conoscenze scientifiche disponibili, in modo da raggiungere un equilibrio tra le emissioni in atmosfera e le emissioni assorbite in modo persistente dalle biomassa (foreste, suolo) o catturate e stoccate sotto terra. Questo, secondo i critici, potrebbe, in linea di principio, aiutare a ridurre in modo significativo le emissioni, ma non potrà essere sostitutivo dell’esigenza di ridurre a zero le emissioni immesse in atmosfera dalle attività umane. I Paesi a rischio climatico e molte ong avevano chiesto a gran voce un impegno chiaro e mentre i giganti emergenti – India e Cina – premevano per posticipare o sfumare qualsiasi obbligo, rivendicando il diritto a bruciare carbone. Per questo, nella bozza finale del testo non si parla più esplicitamente di “neutralità carbonica” e non si precisa più l’obiettivo delle riduzioni entro il 2050.
Inserito all’interno delle decisioni non vincolanti, dopo le proteste degli Stati Uniti, nel testo compare l’invito “ai Paesi sviluppati a incrementare il loro livello di supporto finanziario, con una roadmap concreta per raggiungere l’obiettivo di fornire insieme 100 miliardi di dollari l’anno da qui al 2020 per mitigazione e adattamento, aumentando in modo significativo i finanziamenti per l’adattamento rispetto ai livelli attuali e fornendo l’appropriato supporto tecnologico e di creazione di competenze”.
Ogni cinque anni i paesi dovranno rivedere il loro contributo attraverso un meccanismo di “segnalazione e di responsabilità trasparente”. Lo si legge nella bozza di accordo, il cui scopo è rinnovare gli impegni nazionali per raggiungere gli obiettivi fissati e quelli futuri che non potranno essere meno ambiziosi rispetto a quelli precedenti.
I COMMENTI DEI POLITICI
“L’accordo sul clima a Parigi è un passo in avanti decisivo. Italia protagonista, oggi e domani”. Così il presidente del Consiglio Matteo Renzi, commenta su Twitter il risultato della Cop21. Gli fa eco il presidente della Commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci, secondo il quale “l’accordo è sicuramente solo un primo passo, ma è importantissimo perché mette in moto il mondo per un obiettivo comune”. “Per dirla con uno storico slogan francese ‘Ce n’est q’un debut’ – ha aggiunto Realacci – e credo che i fatti supereranno quanto previsto. Mai prima di oggi si era raggiunta un’intesa che coinvolgesse così tanti paesi su un tema cruciale per il futuro. Affrontare i mutamenti climatici significa non solo fronteggiare un pericolo, ma anche cogliere una grande opportunità. Quando parliamo della questione clima parliamo infatti anche di una nuova economia, basata sulle fonti rinnovabili, sul risparmio energetico, sul riciclo dei materiali, sulla mobilità sostenibile. Sull’utilizzo della fonte più pulita e rinnovabile che c’è: l’intelligenza umana”.
Realacci sottolinea che “l’Italia c’è, se da una parte la politica deve fare di più, dall’altra abbiamo già energie e talenti da mettere in campo per vincere questa sfida. Siamo primi in Europa nel riciclo industriale: recuperiamo 25 milioni di tonnellate di materia ogni anno sui 163 totali europei, la Germania che ha un’economia più grande 23, questo ci consente un risparmio di energia primaria di oltre 15 milioni di tep e di evitare 55 milioni di tonnellate di emissioni di CO2”.
Le politiche green “sono anche una risposta alla crisi. Dal 2008, 372mila imprese hanno puntato sulla sostenibilità in funzione anticrisi. E hanno vinto: nella manifattura, il 43,4% di chi investe green esporta, contro il 25,5% di chi non investe. Questo ha ricadute positive anche sul mondo del lavoro: hanno a che a fare con l’ambiente il 59% dei nuovi posti di lavoro prodotti quest’anno”. Già nel 2012, ricorda Realacci, “l’Italia era prima (con il 39%) tra i grandi paesi Ue, a pari merito con la Spagna, per quota di energia rinnovabile nella produzione elettrica. Oggi la quota di energia rinnovabile nella nostra produzione elettrica ha superato il 43%. Siamo, inoltre, primi al mondo per contributo del fotovoltaico nel mix elettrico nazionale con il 7,9%, davanti alla Germania (7%). È un punto di partenza e non un punto di arrivo, un capitale da investire nel futuro e da mettere a disposizione anche degli altri paesi. L’orizzonte, infatti, non può che essere quello di raggiungere l’obiettivo 100% rinnovabili”.
Per la presidente della Camera Laura Boldrini “la Cop21 si è chiusa a Parigi indicando obiettivi ambiziosi, ben oltre le aspettative iniziali. Si può dunque esprimere soddisfazione per le conclusioni del vertice, tanto più rilevanti perché a Parigi c’era davvero il mondo intero a condividere scelte decisive per il futuro di tutti, in una sorta di “globalizzazione delle responsabilità”. Laura Boldrini sottolinea poi come, adesso, la “positiva tensione di Parigi non si deve disperdere”. “Un ruolo fondamentale va riconosciuto alle organizzazioni ambientaliste, che hanno incalzato la politica e le istituzioni e hanno saputo imporre il tema del cambiamento climatico all’attenzione generale. Ora si apre una nuova fase in cui è importante che ciascuno Stato si attenga ai propri impegni e venga effettuato un attento monitoraggio”, prosegue Boldrini, che conclude: “La positiva tensione di Parigi non si deve disperdere, ed anzi la consapevolezza deve crescere e investire la quotidianità delle nostre società: il rispetto degli obiettivi della Cop21 passa infatti anche attraverso le scelte che ognuno di noi compie con il proprio stile di vita”
LE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE
Anche per il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, il testo dell’accordo in votazione “pone le fondamenta per affrontare sul serio la crisi climatica che affligge il pianeta. Si va in modo irreversibile verso un futuro libero da fossili. Tuttavia, gli impegni già annunciati alla vigilia della Cop21, secondo le prime valutazioni, se rigorosamente attuati sono sufficienti a ridurre soltanto di un grado circa il trend attuale di crescita delle emissioni di gas-serra, con una traiettoria di aumento della temperatura globale che si attesta verso i 2,7-3 gradi. Non consentono, quindi, di contenere il riscaldamento del pianeta ben al di sotto della soglia critica dei 2 gradi, e ancor meno rispetto al limite di 1,5 gradi”. È cruciale, pertanto, secondo il presidente Legambiente, “una revisione di questi impegni non oltre il 2020 e purtroppo l’accordo lo prevede solo su base volontaria, rimandando al 2023 la prima verifica globale degli impegni. È invece urgente farlo prima del gennaio 2021, quando il nuovo accordo sarà operativo”.
L’Europa, aggiunge Cogliati Dezza, “deve dimostrare con i fatti la sua leadership nell’azione climatica globale rivendicata a Parigi. Tornati a casa i governi europei devono tradurre in azione gli impegni assunti nell’ambito della High Ambition Coalition, che negli ultimi giorni ha svolto un ruolo importante nei negoziati. E l’Europa ha tutte le condizioni per poterlo fare. – Ha un trend di riduzione delle sue emissioni del 30% al 2020, secondo gli ultimi dati presentati a Parigi. Rivedere il nostro impegno di riduzione del 40% al 2030 è pertanto possibile senza grandi sforzi e con un impatto positivo sull’economia europea. È ormai provato che l’azione climatica fa bene alla nostra economia. Nel periodo 1990-2014 si è registrato un forte disaccoppiamento tra riduzione delle emissioni ed aumento del PIL. Mentre le emissioni sono diminuite del 23%, il Pil è aumentato del 46%. Non è più il tempo del rinvio”.
I COMMENTI ALL’ESTERO
L’accordo sul clima a Parigi “è un’enorme vittoria per tutti, non solo per un paese o un blocco ma per tutto il Pianeta e per le future generazioni”. Lo ha detto il segretario di Stato americano John Kerry rilevando “il nuovo percorso per difendere il nostro pianeta”, un accordo che “preparerà il mondo per evitare gli impatti dei cambiamenti climatici”. Kerry ha sottolineato l’importanza dell’impegno della “transizione verso un’energia pulita che metterà un freno” al riscaldamento globale. Parlando dopo l’approvazione dell’accordo alla Cop21, il segretario di Stato Usa ha assicurato che ci saranno importanti investimenti “per un nuovo sviluppo per la ricerca”. “Come raggiungeremo gli obiettivi è una delle maggiori sfide che il mondo deve affrontare – ha aggiunto – ma non saranno ripetuti gli errori del passato. L’accordo è importante per le future generazioni”.
“A Parigi ci sono state grandi rivoluzioni in due secoli ma oggi è una grande rivoluzione per il Pianeta, contro il cambiamento climatico”. Così il presidente francese Francois Hollande nel discorso ai delegati della Cop 21 rilevando che “la data 12 dicembre resterà una grande data per il pianeta”, in cui si segna un passo importante nella “lotta per l’uguaglianza e i diritti umani, grazie a voi”. Hollande ha annunciato poi l’intenzione di proporre ai “”Paesi che vogliono andare più veloci”” nella lotta ai cambiamenti climatici di rivedere i propri impegni prima del 2020.””Da domani proporrò che i Paesi che vogliono andare più veloce possono aggiornare tutti i loro impegni prima del 2020″”, ha detto Hollande.
L’accordo prevede una prima revisione obbligatoria della riduzione delle emissioni nel 2025. Una data ritenuta troppo lontana da ong e scienziati. Così come in molti sottolineano la mancata definizione di un organismo internazionale di controllo, insieme al fatto che non sono state stabilite misure “effettive” per arrivare alla riduzione del “global warming”: in sostanza, non è stato indicato alcun vincolo, ma ciascun Paese agirà su base volontaria per raggiungere l’obiettivo. Il che lascia ampio spazio a chi rimane scettico sulla reale consistenza dell’accordo parigino.