Cibi animali, quali a più basso impatto ambientale?
di Gianluca De Angelis
Qual è il tipo di produzione di cibo animale che ha un impatto ambientale più alto? La risposta potrebbe essere, semplicemente: “dipende”. Con uno studio che ha richiesto quasi dieci anni di osservazioni ed analisi dei processi di produzione di centinaia di tipi di cibo animale, un gruppo di ricercatori dell’Università di Washington ha cercato di ottenere però un quadro generale il più possibile completo per capire l’impatto ambientale di questa categoria di alimenti, trovando quelli che possano essere classificati come più ecosostenibili e fornendo una sorta di bussola per dare indicazioni quanto più precise possibili per orientarsi nel campo dei prodotti animali. «Le scelte del consumatore hanno un impatto e, soprattutto se si è un ambientalista, quello che si decide di mangiare fa la differenza», ha detto infatti Ray Hilborn, autore principale dello studio e professore di Scienze acquatiche e della pesca all’università di Washington, «Ci sono semplicemente scelte buone, e altre invece che palesemente non lo sono.»
Selezionando 148 tipologie di produzione di alimenti animali tra le quasi 300 esistenti, gli autori dello studio hanno individuato quattro variabili indicative per quantificarne l’impatto ambientale: uso d’energia, emissioni di gas serra, alterazione della composizione dell’ambiente (ad esempio tramite fertilizzanti) e possibilità di alimentare le piogge acide. Hanno infine definito un indicatore, ovvero l’ammontare di gas serra emessi per produrre 40 grammi di proteine (che corrisponde circa ad un hamburger, ed è la dose media giornaliera di proteine per quanto riguarda gli Stati Uniti) e lo hanno calcolato per ciascuno dei tipi di alimenti presi in analisi.
Al termine dell’analisi, è emerso chiaramente quali siano le produzioni che hanno presentato il più basso impatto ambientale: stiamo parlando di allevamenti di molluschi e il pescato di sardine, aringhe e sgombri. Risultati soddisfacenti sono emersi anche dal pescato di merluzzo, nasello e merlano, ma anche dagli allevamenti di salmone. Lo studio ha anche, però, notato come esistano delle differenze lampanti nell’impatto tra le diverse proteine animali: è stata stilata quindi una lista dei principali punti collaterali da tenere in considerazione per quanto riguarda quest’analisi:
- La produzione di bestiame richiede tendenzialmente meno energiadi molti allevamenti acquatici. Per esempio gli allevamenti di pesci gatto e gamberi hanno bisogno di costante circolazione dell’acqua, tramite sistemi alimentati elettricamente.
- L’allevamento di pesci gatto è uno dei più inquinanti: produce infatti 20 volte i gas serra emessi dal piccolo pescato, ma è anche più inquinante degli allevamenti di molluschi, di salmone e di polli.
- Gli allevamenti di molluschi (come ostriche, cozze e capesante) si sono dimostrati estremamente utili perché assorbono i nutrienti in eccesso che risulterebbero altrimenti dannosi per l’ambiente. Andando a considerare anche l’utilizzo del fertilizzante, però, vince il piccolo pescato: i fertilizzanti sono infatti utilizzati per ottenere i mangimi utili per gli allevamenti di carne.
- Il bestiame emette un alto quantitativo di metano, che ha un forte impatto per quello che riguarda le piogge acide. Anche qui vincono gli allevamenti di molluschi, subito dopo si posiziona il pescato e poi gli allevamenti di salmone.
Per l’attività di pesca bisogna sicuramente considerare l’importante fattore dei consumi di carburante dei pescherecci: i valori, però, cambiano a seconda del tipo di pesca che si prende in esame. Ma allora perché i pescati di aringhe e acciughe si sono posizionati così bene? Perché in questo caso viene utilizzata una rete a circuizione per la cattura, fattore che limita il consumo di carburante. Per quanto riguarda, ad esempio, l’aragosta, viene richiesto un grande impiego di carburante e quindi l’impatto sull’ambiente sarà maggiore. La pesca a strascico dipende dall’abbondanza di pesce delle determinate zone.
È stato verificato come una dieta di molluschi allevati e di piccolo pescato abbia un impatto ambientale inferiore rispetto ad una dieta a base vegetale.
Lo studio menziona inoltre anche altri tipi di impatto ambientale, come la domanda di acqua, l’uso di pesticidi, l’uso di antibiotici e l’erosione del suolo. Per quanto riguarda queste analisi, però, è emersa una forte discrepanza tra gli studi dei diversi ricercatori e dunque non è ancora possibile utilizzare i dati per ottenere una classifica rigorosa.
Un limite dello studio, inoltre, è quello di non aver tenuto in considerazione l’impatto sulle specie in via di estinzione come un misuratore per i costi ambientali (un indicatore che sarebbe utile, ad esempio, per evidenziare l’impatto incontrollabile della pesca a strascico).
L’analisi fornita dall’Università di Washington resta comunque un importante punto di riferimento per verificare gli impatti ecologici causati dalla produzione di proteine animali: i dati emersi (secondo i ricercatori unici al mondo) potrebbero quindi essere usati per decidere le politiche statali, valutando con consapevolezza quali siano le produzioni alimentari da incentivare e quali invece quelle da diminuire.