C’era una volta il miele
Al Polo Museale Civico del Castello di Santa Severa si è parlato, con il divulgatore Giorgio Franchetti, del suo ultimo saggio, che ripercorre lo straordinario rapporto tra uomo e api sin dalla preistoria

L’uso intensivo di pesticidi, la perdita di habitat dovuta all’urbanizzazione e all’agricoltura intensiva, il cambiamento climatico e le malattie stanno decimando le popolazioni di api, fondamentali per l’ecosistema in tutto il mondo. Eppure, sono preziose alleate dell’uomo da quando sono comparse sulla Terra, quasi 100 milioni dì anni fa. E proprio dalla preistoria, con certezza dal Neolitico, ci giungono le primissime arnie, ritrovate nella Valle del Giordano, testimonianza degli avanzati livelli raggiunti nelle tecniche di apicoltura.

Ma quando avvenne il primo incontro tra uomo e ape? Lo racconta il divulgatore e saggista Giorgio Franchetti nel suo ultimo libro “L’apicoltura nel Mediterraneo Antico”, edito da Efesto. Nei giorni scorsi, ospiti del Polo Museale Civico del Castello di Santa Severa, suggestiva “location” sul litorale laziale a nord di Roma, in collaborazione con il locale Gruppo di Archeologi volontari (GATC) si è tornati a parlare di questo affascinate viaggio nella civiltà dell’uomo con l’autore.

«L’ape ha accompagnato l’umanità per l’intera durata del suo percorso evolutivo fino agli albori della storia», ha spiegato Franchetti. «Possiamo spingerci ancora più indietro, con certezza al Neolitico. Testimonianze di come il miele abbia costituito per moltissimo tempo un elemento fondamentale di apporto calorico nella dieta umana sono rintracciabili nelle pitture rupestri di culture lontanissime anche a livello geografico. Dall’inizio dei tempi storici troviamo non solo raffigurazioni di api e della lavorazione del miele ma anche miti e culti legati a questa piccola e operosa creatura. Il volume – ha voluto rilevare l’autore – ripercorre la storia, e in parte la preistoria, del rapporto uomo-ape andando alla ricerca di evidenze archeologiche, confrontandole con le fonti scritte, per raccontare un lato meno conosciuto delle pratiche in uso nel Mondo Antico, con la speranza di sensibilizzare le coscienze verso la tutela di questo nostro antichissimo alleato».

Durate l’incontro, allestito nella Sala del Camino, il Museo del Miele di Canale Monterano ha esposto dei “bugni villici”, antiche arnie risalenti agli inizi del ‘900 realizzate in materiali vegetali come giunchi e corteccia d’albero, in compagnia di un assaggio di miele del territorio, offerto dall’azienda le Api di Tolfa. Il Museo del Miele di Canale Monterano è nato dall’idea di raccontare la storia dell’apicoltura attraverso gli antichi materiali e i metodi utilizzati per la produzione del miele.

Queste vecchie attrezzature, realizzate con materiali fragili e deperibili, che senza il Museo sarebbero state destinate a essere cancellate dalla memoria comune, rappresentano il lavoro artigianale che ruotava attorno all’allevamento delle api e alla produzione del miele di una volta. Oggi, grazie agli spazi concessi dall’Università Agraria, il Museo del Miele di Canale Monterano è divenuto un vero e proprio punto di riferimento in un ambiente paesaggistico straordinario.