Alla “riscoperta” del territorio tra Roma e Bracciano
“Il Cammino delle terre comuni”, in gran parte realizzato dalle Università Agrarie, consente al viaggiatore di fare un percorso da San Pietro fino ai Monti della Tolfa a contatto con la natura, la storia e i sapori e di un mondo rimasto intatto grazie agli usi civici che l’hanno custodito.
di Barbara Civinini
Si è concluso il secondo anno del “Cammino delle Terre Comuni” che unisce le quattro Università Agrarie di Bracciano, Manziana, Cesano e Campagnano di Roma. Si tratta di un progetto che propone percorsi turistici alternativi alla scoperta di una realtà dove l’uomo e la natura hanno costruito un modo diverso di gestire il territorio. I quattro atenei locali, insieme con altri partner, con il sostegno della Regione, hanno fatto rete (www.terracomune.it) realizzando un itinerario che da San Pietro arriva ai Monti della Tolfa e al Lago di Bracciano, passando dalla via Francigena.
“La sfida è quella di trovare una sintesi tra le vecchie e le nuove esigenze promuovendo un tipo di turismo alternativo a quello di massa, capace di far rivivere sul territorio i suoi usi e i suo valori più antichi. Insomma, è un modo straordinario di vedere, con i propri occhi – afferma Angelo Bergodi, vicepresidente dell’Università Agraria di Bracciano – qual è il valore che enti come il nostro hanno avuto ed hanno nella conservazione e valorizzazione del secolare paesaggio agrario”.
Un cammino che si sposa bene con il 2019, Anno del Turismo lento, come annunciato dall’ex ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini dopo aver presentato l’Atlante digitale dei cammini, il nuovo portale del Mibact dedicato a chi vuole viaggiare in Italia con un passo diverso. Lungo questi percorsi si può scoprire un mondo rimasto ancora intatto grazie al modo particolare con il quale è stato custodito: la proprietà collettiva e gli usi civici. Questi sono istituti davvero molto antichi, che risalgono ai tempi delle riforme agrarie della repubblica romana, quando i fratelli Gracchi tentarono di dirimere proprio le controversie tra patrizi e plebei legate all’usurpazione di terre pubbliche. In tutto sono circa 80 chilometri di tracciati.
Nel corso dei secoli questi territori hanno assunto diverse forme di governo, dalle comunanze, alle università agrarie, molto diffuse nel Lazio. Anche nella capitale resistono due Università Agrarie: quella di Cesano, che è tra le fondatrici del progetto, e quella di Isola Farnese, sulla Cassia. Per secoli ad Allumiere, Tolfa, Manziana, Bracciano, Anguillara Sabazia, Cesano e Campagano di Roma, gli abitanti hanno costruito un rapporto viscerale con il proprio territorio, dal quale traevano i mezzi per la sussistenza familiare: la legna per il fuoco, il fieno per il bue, il grano per il pane. Con il passare dei secoli il rapporto economico collettivo si è consolidato e, alla fine del XIX secolo, alle amministrazioni che gestivano questi territori, le Università Agrarie, è arrivato anche il riconoscimento giuridico da parte dello Stato Unitario.
Se oggi, questi territori conservano ancora tanta originalità, lo debbono, in gran parte, a questo particolare modo di possedere la terra. “Dunque, pascoli, campi, boschi ma anche un patrimonio di cultura agraria – dice Bergodi – che va valorizzata e fatta conoscere a più persone possibili”.