Prodotti tipici e turismo: un legame ancora tutto da valorizzare
Cibo, vino, olio e prodotti tipici sono i motori del turismo italiano: 40,1 miliardi di euro il valore generato e una crescita del 49% rispetto al 2016
Una crescita del 12% in un anno: un trend in salita continuo, a doppia cifra. È questo lo spaccato che emerge dal Rapporto sul Turismo Enogastronomico, curato da Roberta Garibaldi, docente all’Università di Bergamo e presidente dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, con il supporto di Visit Emilia e Valdichiana Living, il patrocinio di Federturismo, Fondazione Qualivita, Iter Vitis Les Chemins de la vigne en Europe, e la collaborazione dell’Università degli studi di Bergamo, Economics Living Lab e TheFork.
Un dato ancor più significativo se si considera che, in generale, nel comparto turistico post Covid non mancano i primi segnali di flessione, soprattutto tra i turisti italiani.
Il Rapporto, infatti, certifica che si è ulteriormente consolidato il legame tra gli italiani e il viaggio alla ricerca di cibo, vino, olio e tutte le altre tipicità agroalimentari del territorio italiano. Il 70% degli intervistati dichiara di aver svolto almeno una vacanza negli ultimi tre anni con questa motivazione primaria (le risposte evidenziano un +12% sul 2023 e +49% sul 2016), con un bacino di domanda stimato in 14,5 milioni di potenziali turisti del gusto. La destinazione preferita, sia per i viaggi passati (39,3%) che per quelli futuri (33,9%), è la Toscana; a seguono Emilia-Romagna e Puglia.
L’enogastronomia si conferma fra le esperienze più desiderate anche per i turisti europei: il 15,3% della popolazione del Vecchio Continente (circa 20,6 milioni di potenziali turisti) ha intenzione di viverle nei viaggi in programma per questa stagione invernale, a prescindere dalla tipologia di viaggio (mare, città, cultura o natura). Ed è alto anche l’interesse per le mete e le attrazioni a tema cibo dei mercati a lungo raggio: svettano in particolare le destinazioni del Far East (Giappone, Corea del Sud, Cina) e il Brasile.
Il vino (con il 38,1% delle preferenze) è considerato il prodotto più rappresentativo dell’Italia in ambito agroalimentare; seguono l’olio extravergine di oliva (24%), la pizza (22%), la pasta (15%) e i formaggi (11%). A tale ricchezza si unisce la percezione diffusa di un patrimonio unico, genuino, diffuso sull’intero territorio e di qualità.
Percezione che si traduce in un impatto economico e sociale significativo: il turismo enogastronomico, infatti, nel 2023 ha contribuito alla crescita dell’economia italiana con oltre 40 miliardi di euro (di cui 9,2 diretti, 17,2 indiretti e 13,7 di indotto) e un rapporto benefici/costi pari a 6,9, con ruolo non secondario nell’occupazione e nella distribuzione del reddito.
«Questo tipo di turismo dimostra potenzialità ancora non del tutto espresse ed è la risposta naturale all’overtourism» ha spiegato la prof.ssa Garibaldi, che continua: «Urgono modifiche normative, investimenti pubblici per infrastrutture e centri museali, formazione e comunicazione dedicate, innovazione tecnologica».
Non a caso il Rapporto 2024 pone l’accento sulle azioni necessarie a trasformare un business già consolidato in uno strumento strategico, a livello nazionale, per lo sviluppo armonico del territorio, a partire dalla rivitalizzazione dei borghi e delle aree rurali.
Sono dieci le azioni proposte:
- Consentire alle imprese agricole e produttive di esercitare le attività turistiche a 360 gradi e senza vincoli normativi;
- Agevolare le assunzioni e la possibilità di collaborazioni flessibili con figure professionali specializzate, per supportare la creazione di esperienze e i percorsi di rete;
- Creare musei nazionali del cibo dedicati a eccellenze italiane come il vino, l’olio e la pizza;
- Migliorare l’accessibilità e i collegamenti verso le aree rurali e interne, con soluzioni innovative e sostenibili;
- Introdurre l’educazione alimentare nei corsi scolastici, per diffondere la cultura sul patrimonio enogastronomico locale e per dare indicazioni sui principi di sana alimentazione;
- Sostenere percorsi per formare professionisti capaci di mettere in rete i produttori, creare e guidare percorsi turistici e supportare le aziende nella commercializzazione delle esperienze;
- Favorire la digitalizzazione e l’adozione dell’intelligenza artificiale per la gestione turistica, garantendo supporto ai piccoli produttori per superare eventuali divari tecnologici;
- Innovare la governance, oggi troppo frammentata, e creare un soggetto inclusivo per definire congiuntamente strategie ed azioni di promozione tra i diversi attori coinvolti (assessorati, Camere di Commercio, DMO, strade del vino, consorzi di produttori, distretti del cibo);
- Sviluppare un sito nazionale dedicato al turismo enogastronomico e creare un ufficio stampa internazionale dedicato alla gastronomia italiana;
- Potenziare la presenza dell’Italia nei circuiti di eventi internazionali, come i 50 Best Restaurants, e promuovere l’organizzazione di fiere e saloni B2B dedicati al turismo enogastronomico.
«Queste azioni – conclude Roberta Garibaldi – rappresentano i pilastri per trasformare il turismo enogastronomico in un volano di crescita sostenibile, capace di esaltare le identità territoriali, promuovere l’innovazione e garantire benefici economici, sociali e ambientali. Il successo di queste iniziative richiederà una stretta collaborazione tra istituzioni, operatori e comunità locali, ponendo il turismo enogastronomico italiano come modello di eccellenza a livello internazionale».
Le fa eco Michele Angiolini, Sindaco di Montepulciano, che ricorda come per i suoi concittadini il «il turismo enogastronomico rappresenta non solo uno strumento di sviluppo socio-economico, ma anche un valido alleato nella tutela del territorio, una necessità che avvertiamo come sempre più prioritaria in un’area rurale come la Valdichiana Senese».
Il valore di questo tipo di fruizione lo spiega molto chiaramente anche Simone Fornasari, Presidente di Visit Emilia: «Dal punto di vista dell’enogastronomia, il territorio è un vero patrimonio culturale. Grazie ai tanti prodotti tipici DOP e IGP e le eccellenze riconosciute in tutto il mondo, i viaggiatori trovano racchiusi in pochi chilometri il meglio dell’Italia in tavola».
Ma chi sono, esattamente, questi viaggiatori? Il Rapporto ne presenta cinque tipologie diverse: i Ricercatori, i Festaioli, gli Intellettuali, i Figli dei Fiori e gli Edonisti.
I Ricercatori (42,1%) sono persone che viaggiano per provare nuove esperienze enogastronomiche, entrare in contatto con la comunità locale ed immergersi nella cultura della meta visitata; sono, in questo, simili agli Intellettuali (19%), il cui motto è “viaggiare per arricchire il proprio bagaglio culturale”. I Festaioli (23%), invece, sono turisti che si avvicinano con una certa “leggerezza” all’enogastronomia, vista come una “scusa” per stare in compagnia e divertirsi. I Figli dei Fiori (11,5%) vedono invece nel viaggio enogastronomico un’occasione per pensare al proprio benessere psico-fisico e volersi bene; un po’ come gli Edonisti (4,3%), che decidono di compiere un viaggio enogastronomico per concedersi un lusso.
Da non dimenticare, inoltre, che il 2024 è stato l’anno delle radici italiane nel mondo e l’enogastronomia, con il suo portato di riti e tradizioni, è a pieno titolo una delle chiavi per esplorare i luoghi, le tradizioni e la cultura dei propri antenati.
Sagre e festival del cibo, infatti, sono strumenti molto apprezzati dai visitatori e arricchiscono l’esperienza di visita, offrendo una forte connessione con le pratiche del vivere, con le relazioni tra le persone e le emozioni: esperienze di campo come campagne di raccolta (vendemmie, ecc.), pesca-turismo, visite ai luoghi di produzione, laboratori di trasformazione agroalimentare e attività artigianali, solo per citare alcuni esempi, sono ciò che viene maggiormente percepito come qualificante della vacanza.
La centralità dell’enogastronomia nell’esperienza di viaggio è dunque oggi un’evidenza condivisa: il cibo è infatti un modo per stare bene, per divertirsi, per sperimentare, per affrontare esperienze conviviali, per spingersi a conoscere luoghi diversi dai propri, forti della ricchezza e della qualità del nostro patrimonio agricolo locale.