Quando qualità fa rima con sostenibilità e con ricchezza
Con un valore totale che supera i 20 miliardi, le produzioni DOP, IGP e STG sono uno scrigno per il nostro Paese, che anche l’Europa sta iniziando a promuovere e tutelare
Una crescita del 52% in 10 anni: è questo il dato medio che emerge dal Rapporto Ismea-Qualivita 2024, che ogni anno fornisce uno spaccato sulle 328 produzioni agroalimentari a Denominazione di Origine Protetta (DOP), Indicazione Geografica Protetta (IGP) e Specialità Tradizionale Garantita (STG), i 529 vini DOP e IGP e i più di 5.500 prodotti alimentari tradizionali.
Un comparto che, nonostante alcune criticità, si mostra in buona salute: 20,2 miliardi € (di cui 9 miliardi dal cibo e 11 dal vino imbottigliato) il valore totale della produzione nel 2023, per un contributo al fatturato complessivo dell’agroalimentare italiano pari al 19%.
Positivi anche i dati sull’export: con un ammontare complessivo pari a 11,6 miliardi €, infatti, nel 2023 le esportazioni sono rimaste sostanzialmente stabili rispetto al 2022, ma con una crescita del 5,3% nei Paesi UE e un trend pari a +75% in dieci anni. Numeri che compensano il calo che, anche per via dei dazi, si è invece registrato nei Paesi Extra-UE (-4,6%), i quali assorbono oltre la metà (52%) dell’export della Dop economy italiana.
Prima destinazione in assoluto sono gli Stati Uniti, che da soli valgono oltre un quinto (21%) delle esportazioni italiane DOP IGP. A livello di singole produzioni, invece, crescono soprattutto le esportazioni di formaggi, pasta e olio di oliva (+90% rispetto al 2013), mentre è lievemente in calo (-2,9%) l’export del vino, in tenuta dopo il balzo del +10% del 2022 e con un trend del +66% sul 2013.
Al cuore di questi dati ci sono i 317 Consorzi di tutela autorizzati dal Ministero dell’agricoltura, che rappresentano il sistema della Dop economy italiana e che coordinano il lavoro di oltre 194.000 imprese, capaci di generare lavoro per quasi 850.000 occupati.
Più in dettaglio, alla base delle filiere DOP e IGP ci sono 194.387 operatori (di cui ben 107.175 nel comparto del vino), di cui 186.547 produttori e 31.197 trasformatori, che aderiscono ai disciplinari di produzione e si sottopongono ai controlli dei 54 Organismi per la certificazione. Operatori che, nel loro complesso, danno lavoro a 847.405 persone: la maggior parte (585.543) nel comparto cibo, meno della metà (332.506) nel comparto vino.
Significativo anche l’impatto territoriale delle produzioni: il 57% delle province presenta numeri in crescita (crescite a doppia cifra, nel 17% dei casi), con buoni risultati soprattutto per Sardegna (+19%) e Abruzzo (+11%).
Sud e Isole, sempre in positivo negli ultimi cinque anni, mostrano un incremento del +4,0% rispetto all’anno precedente, ma cresce anche, per il terzo anno consecutivo, il Nord-Ovest, grazie soprattutto ai dati della Lombardia che supera per la prima volta i 2,5 miliardi €. Il Nord-Est, che vale il 54% della Dop economy, ha risultati stabili nel complesso (-0,6%), con l’Emilia-Romagna che frena leggermente (-2,4%) e il Veneto che con 4,85 miliardi € si conferma regione leader. Nel Centro invece i risultati peggiori (-3,9%) con la Toscana (-5,5%) che rappresenta la gran parte del valore economico e il Lazio l’unica regione in crescita (+8,8%).
«I dati confermano che le Indicazioni Geografiche italiane rappresentano un sistema resiliente – commenta il Direttore Fondazione Qualivita e Origin Italia Mauro Rosati – capace di affrontare con successo le molteplici sfide che il 2024 ha posto, sia in ambito climatico che commerciale. Guardando al futuro è fondamentale che il settore DOP IGP, con le istituzioni italiane ed europee, rivolga la massima attenzione alle rapide trasformazioni tecnologiche nel campo alimentare e alle dinamiche evolutive dei mercati internazionali, per assicurare al sistema un livello sempre più alto di competitività e sostenibilità».
Si tratta di elementi essenziali, se si vogliono sostenere i ritmi attuali: si pensi, ad esempio, che la Dop economy del cibo cresce per il terzo anno di fila (+3,5% la crescita annua, +44% il trend dal 2013), con un fatturato al consumo finale che sfiora i 18 miliardi € (+3,6%) e un export che raggiunge i 4,67 miliardi €.
Eccellente il dato che riguarda i formaggi (+5,3%), con la produzione più alta degli ultimi cinque anni e un valore che per la prima volta supera i 5,5 miliardi €, ma positivi sono anche le crescite registrate per gli oli di oliva (+33%), i prodotti della panetteria e pasticceria (+9%) e le carni fresche (+10%).
Anche i dati del vino DOP IGP, sebbene con in lieve calo rispetto al 2022, sono di tutto rispetto: la produzione imbottigliata è infatti pari a 25,9 milioni di ettolitri (-0,7%), per un valore complessivo che si attesta su 11 miliardi € (-2,3%), mentre l’export raggiunge i 6,89 miliardi € (-0,6% su base annua e +66% sul 2013), in sostanziale tenuta dopo il +10% registrato nel 2022. Opposto l’andamento delle produzioni: per quelle DOP, infatti, il calo della domanda ha indotto gli operatori a imbottigliare di meno (-4%), con una perdita in valore del -3,7%; per quelle IGP, invece, cresce la quantità imbottigliata (+6%) per un valore di 1,95 miliardi € nel 2023 (+4,8%).
Il Rapporto lascia pochi dubbi: questi risultati sono il frutto di un’agricoltura che ha saputo valorizzare nel tempo la qualità e la biodiversità delle sue produzioni, prestando un’attenzione crescente alla sostenibilità e alle produzioni biologiche. Attenzione che si riscontra anche guardando ai dati sulla spesa degli italiani: quella dei prodotti DOP e IGP nella GDO è stata infatti pari a 5,9 miliardi € nel 2023, con una crescita del +7,2% in un anno.
Eppure, non mancano le minacce: le più gravi vengono dalla crescente diffusione dei cibi ultraprocessati, che sostituiscono nella dieta degli italiani i prodotti freschi. Essendo ricchi di zuccheri, grassi e additivi questi prodotti rappresentano, soprattutto per le generazioni più giovani, fattori di rischio per malattie come obesità, diabete e disturbi cardiovascolari, oltre che un potenziale danno alla sicurezza alimentare.
Anche per provare a contrastare tali effetti negativi, la Commissione Europea nel suo programma di lavoro sulla politica di promozione per il 2025 ha deciso di stanziare 132 milioni di euro per sostenere le attività di promozione dei prodotti agroalimentari sostenibili e di alta qualità dell’UE, sia nel mercato interno che a livello mondiale. Cina, Giappone, Corea del Sud, Singapore e Nord America sono i Paesi individuati come quelli a più alto potenziale di crescita, ma intenso è lo sforzo per far conoscere la qualità dei prodotti locali anche nel territorio comunitario.
17,1 milioni di euro sono infatti le risorse stanziate per le misure di informazione e promozioneincentrate sui regimi di qualità dell’UE, mentre poco meno di 29 sono i milioni di euro destinati ad aumentare la consapevolezza del ruolo che i prodotti coltivati in modo biologico e sostenibile hanno per il benessere umano, animale e dell’ambiente. A questi si aggiungono i 12,7 milioni di euro destinati a stimolare il consumo di frutta e verdura fresca nel contesto di diete equilibrate e i 10 milioni stanziati in caso di gravi turbative del mercato o perdita di fiducia dei consumatori.
Con oltre 3.500 denominazioni di prodotti e bevande agroalimentari attualmente protette, quello culturale e culinario è un patrimonio che va protetto: le imprese sono più competitive, gli ecosistemi più in equilibrio, la salute più tutelata.