giovedì, Novembre 21, 2024
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Territori e tradizioni: Ariccia e il Parco dei Castelli Romani

Tra storia e natura, piccola panoramica di piatti tipici: dalla porchetta alla panzanella, da gustare bevendo un bicchiere di “Romanella”

L’area dei Castelli Romani si estende a sud-est di Roma, con i suoi oltre 400 km² di territori di origine vulcanica. Presenti due laghi vulcanici: Albano e Nemi. Conserva varie fortificazioni sulle alture, antichi palazzi e ville, fontane e monumenti. Per le sue caratteristiche naturalistiche ricordiamo il Parco dei Castelli Romani, di circa 150 km².

L’area del Parco

Il Parco dei Castelli Romani si estende lungo il territorio di ben 17 Comuni: Albano Laziale, Ariccia, Castel Gandolfo, Ciampino,  FrascatiGenzano di Roma, Grottaferrata, Lanuvio, LarianoMarino, Monte Compatri, Monte Porzio Catone, Nemi, Pomezia, Rocca di Papa, Rocca Priora, Velletri.

Furono proprio gli abitanti dei Castelli Romani, verso la metà degli anni ’70, a raccogliere le firme per chiedere l’istituzione di un’area protetta, che difendesse il patrimonio ambientale della zona dei Colli Albani. Ciò a causa delle gravi minacce derivanti dall’incremento dell’edilizia. Il Parco fu istituito nel 1984, con una legge regionale e, nel tempo, ha ottenuto anche la gestione del Monumento Naturale “Madonna della Neve”, di Rocca Priora e della Riserva regionale della Sughereta di Pomezia.

Il paesaggio del Parco è caratterizzato da aree boscate, rilievi collinari con pascoli, vigneti e oliveti, conche lacustri (appunto i laghi di Albano e di Nemi), aree urbanizzate e centri storici, musei e zone archeologiche dove si possono ammirare basolati antichi, resti di templi e santuari dedicati a varie divinità.

Il ponte monumentale di Ariccia

Vaste le aree di castagno, utilizzato per i suoi frutti e per la legna. Tra le altre specie di alberi d’alto fusto, la quercia, con esemplari maestosi di farnia e di cerro; il tiglio, l’acero ed inoltre, sui monti, alcuni nuclei residuali delle faggete originarie ed i lecci nelle zone lacustri. 

La diversità animale deve essere analizzata e interpretata sulla base delle attività legate alla caccia o al ripopolamento a fini venatori, che hanno mutato le condizioni, tra estinzione o scarsità di alcune specie ed introduzione e diffusione di altre (come i gabbiani, la cornacchia, la volpe ed il cinghiale). Presenti mammiferi, uccelli di vario tipo e rapaci anche notturni.

Appare stravolta anche la fauna ittica dei laghi e le specie estranee, come la carpa e il persico sole, risultano diffuse quanto o più rispetto a quelle locali, come il luccio e la tinca. Nei laghi è presente anche una specie di testuggine estranea alla fauna locale ed europea, introdotta molto probabilmente dall’uomo.

I piatti tipici

Apprezzati anche per il buon cibo, i Castelli Romani sono da sempre meta di turismo. La presenza dei laghi consente la preparazione di piatti di pesce, come ad esempio, il filetto di Coregone, detto anche Lavarello, della famiglia dei Salmonidi. La produzione dell’area dei Castelli Romani, però, è prevalentemente agricola, poiché la terra di origine vulcanica garantisce grande fertilità.

Molto sviluppato il settore vitivinicolo, con vini – alcuni a Denominazione d’Origine Controllata (DOC) – apprezzati in Italia e all’estero. Un buon bicchiere di vino è l’ideale, per accompagnare la produzione gastronomica locale. La porchetta è tra i prodotti più ricercati. Si tratta di un maialino intero disossato e aromatizzato con pepe, rosmarino, finocchio selvatico e altre erbe aromatiche e di solito arrostito su uno spiedo.

Si mangia a fette la porchetta di Ariccia

Ariccia e la porchetta

La porchetta di Ariccia è un prodotto IGP e nella zona dei Castelli non può mancare il panino con il noto salume, venduto nei chioschi, oltre che nelle “fraschette”, nome con cui vengono chiamate da sempre le antiche osterie romane che, a mo’ di insegna, ponevano appunto una “frasca”, un tralcio di vite ma più spesso di alloro all’esterno. Qui una volta si portava il cibo da casa – oggi, alcune lo consentono ancora – e veniva servito solo il vino. Meta di residenti e turisti, si contraddistinguono per l’ambiente informale e per l’allegria che lì si respira, probabilmente merito del buon vino che, dopo qualche bicchiere, mette tutti di buon umore.

Oggi questi locali oltre al vino propongono ricchi menu di piatti tipici, offrendo porchetta e le tipiche “coppiette”, strisce di carne di suino essiccata, legate a coppia – una volta erano di carne di cavallo – condite con le spezie, peperoncino, paprika e semi di finocchio. Venivano consumate velocemente dai viaggiatori di passaggio, che le accompagnavano con qualche bicchiere di vino. Oggi, sono perfette come aperitivo.   

Il menu tipico, oltre alla porchetta, prevede taglieri di formaggi e salumi, accompagnati da pane “buono”, tradizionale, come quello di qualità IGP di Genzano e il pane casereccio MCG di Lariano, utilizzato per preparare le bruschette e per gustare meglio i funghi porcini, coltivati nelle aree limitrofe.

Tra i primi piatti: pasta cacio e pepe, all’amatriciana, carbonara e gricia. Per i secondi: trippa alla romana, fagioli con cotiche, coratella, salsiccia; ed ancora, arrosticini, braciola, straccetti, scaloppine e polpettine. I contorni a base di insalata, patate e verdure ripassate ed i sottoli: carciofini, melanzane e funghi; non mancano i latticini, anche di bufala (provenienti dalle campagne che si estendono ai piedi dei Colli Albani e Lanuvini) e le olive autoctone. Negli ultimi anni anche vari piatti a base di cinghiale.

Cottura di “arrosticini”

E poi c’è la “panzanella” che una volta era un piatto di recupero: a base di pane casereccio raffermo, pomodori, basilico, origano, cipolla, aceto e olio, oggi è apprezzata soprattutto d’estate per la sua fragrante freschezza.

Il tutto, da assaporare con il vino tipico di Ariccia, la Romanella: rosso – preferibilmente, con la porchetta – ma anche bianco, amabile e frizzante. Un vino locale così chiamato (secondo la tradizione, ma non c’è da giurarci) dal soprannome della fantesca del Cardinale Ferdinando Taverna, governatore di Roma a fine del ‘500, la quale per errore causò la fermentazione di un fiasco di vino rosso che, una volta aperto, piacque a tutti i commensali tanto da farne cominciare la produzione con quel metodo, per così dire, “sbagliato”.

Autore

  • Giornalista professionista, con esperienza come addetto stampa - funzionario nella Pubblica Amministrazione e collaboratrice per varie testate, prevalentemente nei settori cultura e turismo. Di origini pugliesi, trapiantata nella Città Eterna, affascinata dalla storia e dall’arte, associo la passione per la scrittura alle passeggiate in città e alle gite fuori porta nei piccoli borghi, che amo immortalare con foto e video, per tenerne sempre vivo il ricordo; mi piace condividere la mia esperienza, postando messaggi e foto sui social. Difendo il made in Italy, i prodotti locali e mi piace assaggiare i piatti tipici della tradizione.

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