Il clima è la nostra salute
Università Cattolica del Sacro Cuore e Istituto di Ricerca Farmacologica Mario Negri fanno il punto della situazione sull’emergenza climatica. Il 70% dei decessi globali è riconducibile al clima. L’Italia è un Paese ad alto rischio. Anche le scelte alimentari sono molto importanti.
L’Italian Institute for Planetary Health (IIPH), organismo dal respiro internazionale, nato nel 2019 dalla collaborazione tra l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e l’Università Cattolica del Sacro Cuore, con lo scopo di tutelare la salute umana e quella del pianeta, ha fatto il punto della situazione sul clima. La ricerca ha preso spunto dai risultati del sesto Rapporto del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico, istituito nel 1988 dall’Organizzazione Meteorologica ONU, che nel 1997 portò all’approvazione dello storico Protocollo di Kyoto.
Il dossier, presentato nei giorni scorsi, rileva come l’impatto dei cambiamenti climatici sia molto dannoso per la nostra salute, ed evidenzia come l’Italia, nel contesto europeo, sia il Paese che sta pagando il prezzo più alto. Infatti, lo scorso anno è stato il Paese in area Ocse con il maggiore numero d’incendi registrati (1.422) ed il secondo, dopo la Turchia, per superficie bruciata con ben 159.537 ettari.
Nel 2020 ha segnato uno degli incrementi di temperatura maggiori in tutta Europa, con +1,54 °C rispetto alla media del periodo 1961-1990 e continua a surriscaldarsi più velocemente della media globale. Questi numeri sono accompagnati anche dal dato sempre più preoccupante delle vittime legate ai disastri climatici, che in Europa hanno superato i 650mila casi negli ultimi 50 anni. Secondo Walter Ricciardi, Ordinario d’Igiene e Medicina Preventiva dell’Università Cattolica di Roma, il Rapporto delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, pubblicato due mesi fa, è stato silenziato. L’Italia, ha aggiunto, è il Paese con l’indice di desertificazione più alto.
Alcune regioni del Sud, tra cui Sicilia, Puglia e Calabria, condividono questo rischio con oltre il 25% della popolazione mondiale. In questo contesto, afferma Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche Mario Negri IRCCS, sono molto importanti anche le scelte alimentari, perché mangiare bene, fa risparmiare molti morti e aiuta la salute del pianeta. Già alcuni anni fa, uno studio del Lancet ha persino illustrato come quello che mangiamo tutti i giorni ha una ripercussione diretta sulla produzione di CO2, sul consumo di suolo e di energia, dice il professore.
Si tratta di un contributo che può migliorare del 25% la salute del pianeta. Non è troppo tardi, ma occorre costruire un sistema salute resiliente – spiega Chiara Cadeddu, coordinatrice scientifica dell’IIPH – aumentando i meccanismi di allerta e di risposta rapida e assicurando la disponibilità di risorse adeguate, con una governance dell’adattamento che sia coordinata ai più livelli.
Oltretutto, assicura la ricerca IIPH, i benefici per la salute superano i costi delle azioni per curare il clima. Con l’accordo di Parigi, l’Unione Europea si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra almeno del 40% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Nel 2021, l’obiettivo è stato portato ad almeno il 55% di riduzione e alla neutralità climatica entro il 2050.