Lo Stato muove guerra a difesa dell’agroalimentare italiano
Con la sentenza 25030 la Corte di Cassazione italiana ha censurato l’utilizzo su alimenti prodotti all’estero di diciture che facendo richiami al Made in Italy inducano in inganno il consumatore, falsando così il mercato a svantaggio dei prodotti nazionali
Si aggiunge un altro tassello alla diatriba legale che impegna lo Stato italiano contro un imprenditore di un noto pastificio di Gragnano per aver tentato di commercializzare sui mercati internazionali un ingente quantitativo di spaghetti prodotti in Turchia che utilizzavano segni distintivi che impropriamente richiamavano il Made in Italy.
La faccenda risale a circa un anno fa, quando gli agenti della Guardia di finanza sequestrano nel porto di Genova circa un milione di chili di spaghetti prodotti in Turchia dal pastificio L.Garofalo di Gragnano che a parere degli inquirenti riportavano in etichetta espliciti riferimenti all’Italianità e alla zona di Gragnano con l’ausilio di caratteri ben evidenziati, dove invece la scritta “Made in Turkey” era decisamente sottodimensionata, poco percettibile a prima vista (sotto la data di scadenza) e facilmente cancellabile.
Dopo il primo intervento del Tribunale, la Corte di cassazione ha oggi confermato il sequestro per violazione delle norme sul “made in Italy” , inaugurando così una linea molto severa sulla tutela dei prodotti e dei brand nazionali.
A nulla sono valse le contestazioni da parte degli avvocati del Pastificio Garofalo che hanno precisato alla Corte che i colli in questione appartenevano ad un’altra linea con un nome diverso ‘Santa Lucia’ rispetto a quello con cui viene commercializzato il prodotto sul mercato nazionale. I magistrati hanno anche rigettato l’eccezione che l’intero carico fosse destinato al mercato africano (al Benin e al Mali per la precisione), mentre la presenza della merce a Genova era da considerarsi come semplice sosta tecnica, essendo gli spaghetti in transito da un paese extra comunitario verso un altro paese extra comunitario.
I giudici non hanno ritenute valide le obiezioni della Garofalo precisando che anche la mera custodia in area doganale, obbliga all’osservanza della legge 24 dicembre 2013, n. 350 che all’art. 4, comma 49, punisce l’importazione, l’esportazione o la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o origine.
I 2700 colli di spaghetti rimangono così sotto sequestro al Porto di Genova.
Nel frattempo i legali della Garofalo hanno annunciato un ulteriore ricorso.
Cristiana Persia