Un disastro annunciato
Quel che sta accadendo in questi giorni in Italia, ma anche un po’ dappertutto nel resto del mondo, non fa che confermare purtroppo l’allarme che da decenni viene lanciato sulla situazione ambientale deteriorata – forse irreparabilmente – dall’operare dell’uomo. Bufere, inondazioni, trombe d’aria, frane e smottamenti sono ormai diventati una regola nel nostro Bel Paese. Colpa delle condizioni metereologiche che risentono, come si è accennato, del surriscaldamento del pianeta, del buco nell’ozono e via dicendo.
Sì, certamente una spiegazione scientifica può trovarsi in tutto questo, tanto che lo stesso presidente Usa Donald Trump, dopo un iniziale diniego di quanto evidenziato nelle varie conferenze internazionali sull’ambiente, è sembrato di recente fare qualche passo indietro. Ma nel nostro Paese, in Italia, la colpa è da attribuire, soprattutto, alla poca cura che abbiamo dedicato al territorio ormai da troppi anni. Una crescita edilizia sconsiderata ed abusiva, che non ha tenuto conto della conformazione orografica dei nostri monti e delle nostre coste; la deforestazione di ampie zone montuose, anche a causa di criminali incendi dolosi; il progressivo abbandono delle campagne e del controllo legato all’attività agricola (sono oltre 300 mila le aziende agricole scomparse negli ultimi vent’anni): tutto ha contribuito a rendere sempre più fragile e pericoloso il nostro territorio, causando i disastri che negli ultimi giorni – oltre a rilevantissimi danni economici – hanno seminato morte e distruzione.
La motivazione principale della crescente incuria, stando alle giustificazioni di politici, sociologi ed economisti, sarebbe da ricercare nelle scarse risorse economiche messe a disposizione finora, ed in effetti nel bilancio statale dagli anni ’90 in poi (ma anche prima non è che le cose andassero meglio) i finanziamenti ai Ministeri interessati e, a scendere, agli assessorati regionali non hanno certo brillato. Senza rendersi conto, peraltro, che i soldi non spesi ieri in manutenzione dovranno (almeno si spera) esser spesi oggi, decuplicati, per rimettere in ordine per quanto possibile quel che è stato distrutto e per sanare le ferite inferte al territorio.
Danni per miliardi, solo in questi ultimi giorni, in tutta la penisola, con le infrastrutture viarie e ferroviarie messe in ginocchio dall’eccezionale ondata di maltempo. E danni ancora incalcolabili per le attività economiche: in specie quelle turistiche ma soprattutto quelle agricole, con intere colture distrutte e conseguenti richieste di assistenza e defiscalizzazioni varie già partite dappertutto. Tutti, oggi, puntano il dito contro le scelte o le mancate scelte del passato, dando la colpa all’avversario politico di turno.
Quel che è certo è che le polemiche non risolvono i problemi causa del nostro dissesto idrogeologico, mentre è sicuro che ciascuno di noi è responsabile, in parte maggiore o minore, di quel che sta accadendo, perché troppo spesso ci siamo egoisticamente disinteressati del problema o lo abbiamo sottovalutato. E quasi certamente, purtroppo anche oggi come ieri, una volta passata l’emergenza l’attenzione pubblica si rivolgerà da un’altra parte. O, finalmente, no?