giovedì, Novembre 21, 2024
Ambiente

La plastica invade il mare e i pesci, finendo nel nostro piatto

Anche nel mar Tirreno trovate micro particelle del derivato del petrolio in pesci ed invertebrati. A rivelarlo un nuovo studio di GreenPeace, CNR e Università delle Marche

Nelle acque adiacenti a Ventotene, Napoli, Genova, Grosseto, Isola del Giglio, un campione di oltre 200 organismi marini tra pesci e invertebrati comunemente consumati e pescati in Italia (come acciughe, triglie, merluzzi, scorfani, gamberi e cozze) è stato oggetto di una nuova ricerca scientifica condotta da Università Politecnica delle Marche, Greenpeace e Istituto di Scienze Marine del CNR di Genova con l’obbiettivo di individuare in acque ed animali un’eventuale contaminazione da micro plastiche e, nel caso, identificarne la loro specifica composizione.

Il rapporto, relativo alla seconda e ultima parte delle ricerche iniziata lo scorso anno nell’Adriatico, rivela che anche nel Tirreno tra il 25 e il 30 per cento dei pesci e invertebrati analizzati contiene queste molecole chimiche.

A fronte della ridotta dimensione delle microplastiche (inferiori ai 5 millimetri) gli organismi marini, pur appartenenti a specie diverse e con differenti abitudini alimentari, ingeriscono facilmente questi elementi attraverso la filtrazione o indirettamente con l’ingestione delle prede.

L’analisi ha permesso anche di identificare i diversi tipi di polimeri ritrovati: la maggior parte delle plastiche individuate è fatta di polietilene (PE), ovvero la catena molecolare di sintesi con cui viene prodotta la maggior parte del packaging e dei prodotti usa e getta. I pesci con la più alta frequenza di particelle di microplastica sono stati trovati invece intorno all’Isola del Giglio; tuttavia proprio in questa zona è stato rilevato un generale miglioramento della situazione rispetto a quanto rilevato nel 2014, subito dopo la rimozione della nave Costa Concordia, quando quasi la totalità dei pesci campionati conteneva queste particelle chimiche.

“Ciò che ci preoccupa maggiormente –  dichiara Serena Maso, Campagna Mare di Greenpeace – è la rapida evoluzione di questo problema e la graduale trasformazione delle micro plastiche in nano plastiche, particelle ancora più piccole, che se ingerite dai pesci possono trasferirsi nei tessuti ed essere quindi mangiate anche dall’uomo, con rischi per la salute ancora sconosciuti”.

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