Riso amaro per i produttori
La Coldiretti denuncia: più 500% il prezzo dai campi alla tavola. Gli agricoltori devono produrne 4 chili per comprarsi un caffè
I prezzi del riso che in Italia aumentano del 500% dal campo alla tavola con gli agricoltori devono vendere ben quattro chili di risone per pagarsi un semplice caffè a causa di speculazioni e degli inganni che colpiscono le risaie e danneggiano i consumatori. E’ quanto denuncia la Coldiretti nel sottolineare che le quotazioni del riso alla produzione sono praticamente dimezzate nell’ultimo anno e non si riescono piu’ a coprire i costi nelle risaie mentre i prezzi sugli scaffali per i consumatori sono praticamente rimasti stabili.
Nell’ultimo anno – sottolinea la Coldiretti – mentre il prezzo di un chilo di riso sullo scaffale è rimasto pressochè stabile con una valore medio di circa 3 euro, i prezzi riconosciuti agli agricoltori hanno fatto registrare contrazioni consistenti per le principali varietà di riso che vanno dal –58 % per l’Arborio al -57 % per il Carnaroli, dal -41 % per il Roma al -37% per il Vialone Nano. Il risone italiano viene pagato tra i 27,5 ed i 29,5 centesimi al chilo per l’Arborio e dai 24,5 ai 30,5 centesimi al chilo per il Carnaroli. Piu’ della metà de mercato nazionale è in mano a sole quattro industrie che – precisa la Coldiretti – godono di uno strapotere contrattuale nei confronti delle migliaia di risicoltori presenti in Italia.
La situazione è drammatica e mette a rischio il primato nazionale in Europa dove l’Italia – rileva la Coldiretti – è il primo produttore di riso con 1,50 milioni di tonnellate su un territorio coltivato di 234.300 ettari che copre circa il 50 % dell’intera produzione UE con una gamma varietale del tutto unica. Di fronte ad una situazione economica insostenibile dalle intenzioni di semina 2018 manifestate dai produttori che hanno risposto ad un primo sondaggio risulta nel complesso un calo di circa 12.000 ettari (-5%) rispetto alle semine del 2017 con un impatto devastante dal punto di vista economico, ambientale e occupazionale. La situazione sta infatti precipitando e a rischio c’è il lavoro di oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera.
Sotto accusa per la Coldiretti ci sono i comportamenti delle industrie di trasformazione che approfittano dell’aumento insostenibile della forbice dei prezzi tra produzione e consumo e non si impegnano per sviluppare contratti di filiera con prezzi adeguati che sono l’unico modo per garantire al produttore remunerazioni sopra i costi di produzione e tutelare la risicoltura Made in Italy.