L’Italia ratifica l’accordo di Parigi sul clima
Il documento approvato in via definitiva al Senato. Per il ministro Galletti siamo sulla buona strada ma occorre fare ancora di più. il 7 novembre via alla Cop22 a Marrakech
L’Italia ha ratificato l’Accordo di Parigi sulla lotta al riscaldamento globale. Il Senato ha approvato all’unanimità il documento (con una sola astensione). La Camera lo aveva già votato il 19 ottobre, quindi la ratifica è definitiva, giusto in tempo per arrivare, il prossimo 7 novembre, all’appuntamento di Marrakech con la Conferenza sul clima COP 22 , dove si comincerà a discutere su come applicare l’Accordo.
L’Accordo entrerà in vigore a livello internazionale il 4 novembre prossimo, 30 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 55 Paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni di gas serra. L’intesa era stata raggiunta il 12 dicembre del 2015 alla Conferenza dell’Onu sul clima di Parigi (Cop21). Era stata poi firmata il 22 aprile di quest’anno alla sede Onu di New York dai capi di stato e di governo di 175 paesi.
L’Accordo impegna i paesi firmatari a contenere il riscaldamento globale entro 2 gradi dal livello pre-industriale, e se possibile anche entro 1,5 gradi. I governi dovranno stabilire ed attuare obiettivi di riduzione dei gas serra prodotti dalle attività umane (anidride carbonica in primo luogo, ma anche metano e refrigeranti Hfc). Sono previste verifiche quinquennali degli impegni presi, a partire dal 2023.
I paesi più ricchi dovranno aiutare finanziariamente quelli più poveri: con la legge di ratifica l’Italia ha stabilito di contribuire con 50 milioni di euro all’anno al Fondo Verde per il Clima.
Il nostro paese deve conformarsi agli obiettivi fissati dall’Ue, che ha ratificato l’Accordo il 4 ottobre. Bruxelles prevede un taglio complessivo dei gas serra del 40% al 2030 rispetto al livello del 1990, e ha fissato degli obiettivi per ciascuna nazione, che vanno poi negoziati coi singoli governi. L’Italia ritiene troppo penalizzanti questi obiettivi e chiederà di cambiarli.
La novità politica dell’Accordo di Parigi era stata l’adesione dei maggiori produttori di gas serra, gli Stati Uniti e la Cina, che in passato avevano rifiutato di aderire al protocollo di Kyoto per non ostacolare la loro crescita economica. Negli ultimi anni l’evidenza degli effetti del riscaldamento globale (desertificazione, inondazioni e uragani, malattie, scioglimento dei ghiacci) hanno convinto anche gli scettici che il problema c’è e va affrontato.
“È una giornata molto importante, ma ora dopo le parole dobbiamo passare ai fatti – ha commentato il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti – Noi partiamo da una condizione privilegiata rispetto agli altri Paesi, perché una buona parte del percorso di riduzione della CO2 l’abbiamo fatta in questi anni, raggiungendo gli obiettivi di Kyoto con 5 anni di anticipo”.
Gli ha fatto eco la capogruppo del Pd in Commissione Ecomafie al Senato, Laura Puppato, secondo cui si tratta di un traguardo importante, che però non deve farci crogiolare sui successi “nel campo delle rinnovabili e sulle riduzioni delle emissioni nel settore industriale: la sfida – ha detto l’esponente Pd – ci obbliga a varare al più presto un ‘Green Act’ per raggiungere obiettivi più ambiziosi, puntando soprattutto sui settori in cui siamo più indietro, ovvero la mobilità e l’efficienza energetica degli edifici e delle città”.
Un discorso quanto mai attuale, proprio nel momento in cui è stato reso noto uno studio studio di Enea, Ispra e Ministero dell’Ambiente, nel quale si evidenzia come, con le attuali politiche e misure, l’Italia non raggiungerà al 2030 il suo target di riduzione dei gas serra. Secondo lo studio occorre intervenire in tre settori chiave che sono, appunto, energia rinnovabile e risparmio energetico, mobilità non inquinante e riqualificazione degli edifici per renderli meno “energivori”.