Caporalato: etichetta e tracciabilità etica strumento utile a contrasto
Contro il lavoro nero e il caporalato ecco i prodotti “sfruttamento free”. La Cia mette il logo “no sfruttamento” ai suoi prodotti. Dino Scanavino: “Il valore agricolo si difende anche rispettando le leggi”
“Quelle morti nei campi sono intollerabili, è ora che il mondo agricolo si pronunci chiaro e forte contro il lavoro nero e il caporalato. Il valore agricolo si difende prima di tutto rispettando le leggi e se tanto abbiamo insistito per la completa tracciabilità dei prodotti ora chiediamo con forza anche la tracciabilità etica dei prodotti”. Non fa sconti il presidente della Cia-Confederazione Italiana Agricoltori che associa circa 900 mila produttori in Italia -Dino Scanavino e rilancia l’etichetta etica. “E’ un progetto che avevamo lanciato qualche anno fa e che da molti nostri produttori è stato trasformato in realtà, ma oggi deve diventare il vero marchio di qualità dell’agricoltura italiana. E’ di tutta evidenza però che dobbiamo fare una sorta di alleanza con i consumatori i quali devono capire che sotto un certo prezzo un prodotto agricolo non può essere stato ottenuto nel rispetto delle leggi, prime tra tutte quelle sul lavoro. Per questo nell’etichetta etica renderemo pubblici i prezzi all’origine dei prodotti. Senza una giusta remunerazione del prodotto agricolo non ci può essere sostenibilità né ambientale, né economica né sociale dell’agricoltura. E’ dimostrato come la corsa al ribasso dei prezzi non giovi proprio a nessun comparto, anche la Grande distribuzione non trae alcun beneficio da tale fenomeno”.
La proposta di Cia si formalizza con un marchio “no sfruttamento” che sarà apposto sui prodotti delle imprese aderenti alla confederazione. “Ma chiediamo anche ai trasformatori dei nostri prodotti di fare lo stesso -incalza Scanavino- è una partita che siamo decisi a giocare fino in fondo”. Del resto già oggi nel vertice che si è tenuto con i ministri Maurizio Martina (Agricoltura) e Giuliano Poletti in cui è stata ribadita l’istituzione della Rete del lavoro agricolo di qualità, prevista da Campo libero e operativa dal 1 settembre, cui potranno iscriversi le aziende virtuose (con regolarità contributiva e sulla sicurezza) Dino Scanavino ha insistito per la “tracciabilità etica” dei prodotti agricoli che si estrinseca nell’etichetta etica. Che ha lo scopo anche di tutelare i consumatori e di informarli come peraltro loro stessi chiedono a gran voce.
Nove italiani su dieci infatti vogliono un’etichetta chiara e trasparente perciò la Cia-Confederazione italiana agricoltori ribadisce la proposta di un’etichetta “etica” che aggiunge tante altre informazioni oltre a quelle già previste per legge, tra cui gli aspetti connessi ai costi di produzione e al rispetto delle norme sulla manodopera utilizzata.
Check completo per il prodotto. In questo progetto «etichettamente corretto», come è stato definito dagli ideatori, l’identikit del prodotto è veramente completo: si va dalla “firma” del produttore per arrivare al modello agricolo impiegato per la coltivazione (industriale piuttosto che biologico o biodinamico), la quantità di acqua utilizzata, i trattamenti sanitari effettuati, il prezzo pagato al produttore, oltre alla dicitura chiara in etichetta “no sfruttamento”, per dimostrare che le regole sulla manodopera utilizzata siano state rispettate. Previste anche le scritte in braille per i non vedenti.
L’idea dell’etichetta “etica” partì dai risultati di un’indagine di Cia sul rapporto tra italiani e sicurezza alimentare. Secondo quello studio, ben il 91% dei consumatori chiede per il cibo un’etichetta semplice e di facile comprensione, ma con più informazioni rispetto ad oggi. Tra l’altro, emerse che il consumatore si concentrava sugli aspetti legati alla sicurezza alimentare, i controlli sanitari e il rispetto delle leggi sui lavoratori impiegati nella realizzazione dei cibi, cosa che, secondo loro, non avviene uniformemente in altri Paesi del mondo. Infine, aggiungeva l’indagine, il 40% degli italiani vorrebbe in etichetta più dati sull’impatto degli alimenti sull’ambiente e il territorio circostante, mentre il 70% degli intervistati chiede meno passaggi di filiera per frenare la corsa dei prezzi dal campo al supermercato.