Tutelare la Fossa di Pomo per salvaguardare la pesca nell’Adriatico
Perdita di biodiversità e crollo della pesca nel mar Adriatico. Alla Camera dei deputati vengono presentate le azioni per recuperare la situazione
Italia e Croazia devono concordare immediatamente misure comuni per il recupero e la salvaguardia della pesca dell’Adriatico, la zona più produttiva di tutto il bacino del Mediterraneo nonostante ricopra meno del 5% della sua superficie. Il primo banco di prova è la tutela della Fossa di Pomo in centro Adriatico, la più importante nursery di scampi e nasello e uno dei rari ecosistemi di profondità del mare Adriatico.
Questa la proposta presentata oggi in conferenza alla Camera da MedReAct (Ong), alla presenza del presidente della Commissione Ambiente alla Camera Ermete Realacci, e dell’ex ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Mario Catania. Decenni di pesca a strascico intensiva hanno infatti causato il declino degli stock ittici, della biodiversità e dell’economia della piccola pesca. L’Adriatico rappresenta il 50% del prodotto ittico nazionale e accoglie il 49% di tutte le specie del Mediterraneo, eppure “subisce danni che non vengono raccontati fino in fondo”, sostengono gli organizzatori.
Lo sfruttamento intensivo ha creato danni all’ecosistema, “anche se il depauperamento delle risorse marine viene da lontano ed è più che secolare”, precisa Catania. “L’Adriatico è un mare tradizionalmente pescoso – prosegue l’ex ministro – ma è anche fragile, semichiuso, non profondo, c’è una presenza petrolifera”.
Realacci ricorda che “non e’ solo un problema italiano, ma di accordi internazionali. Se vogliamo che la pesca abbia un futuro dobbiamo gestire bene le risorse a nostra disposizione. E’ giusto che almeno sulla Fossa di Pomo siano vietate le forme di pesca più invasive”. Per Realacci bisogna partire dalla Fossa di Pomo “per creare un polmone”, una partenza simbolica “che faccia capire quanto abbiamo a cuore la salute dell’Adriatico. Con la Croazia – conclude Realacci – è quindi giusto avviare trattative per arrivare a interdire le ricerche petrolifere”.
Anche la UE presenta un piano per tutelare il Mediterraneo Ovest
Migliorare la capacità di reazione dei paesi del Mediterraneo occidentale in caso di incidenti o versamenti di petrolio in mare, promuovere la “crescita blu” e tutelare gli ecosistemi e la biodiversità: sono i tre obiettivi dell’iniziativa della Commissione europea per lo “sviluppo sostenibile del Mediterraneo occidentale”, che copre hub portuali come Napoli, Barcellona, Marsiglia e Tunisi, e mete del turismo come le Baleari, la Corsica e la Sicilia.
L’iniziativa consiste nell’integrazione e coordinamento di fondi Ue, nazionali e internazionali già esistenti. Fa seguito alla dichiarazione ministeriale sulla Blue Economy promossa dall’Unione per il Mediterraneo (UpM), il 17 novembre del 2015. I paesi coinvolti cono cinque Stati membri dell’Ue (Francia, Italia, Portogallo, Spagna e Malta), e cinque paesi partner della sponda sud del bacino (Algeria, Libia, Mauritania, Marocco e Tunisia).