giovedì, Settembre 19, 2024
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Turismo enogastronomico: la nuova via per difendere il territorio

Il turismo enogastronomico è quella forma di turismo mossa dal desiderio di scoprire un determinato territorio immergendosi nella sua cultura enogastronomica e degustandone i prodotti tipici. Un settore chiave per il nostro Paese, che con un ammontare che sfiora i 10 miliardi di euro per pranzi, cene e acquisto di prodotti agroalimentari locali sta trainando l’economia nazionale non solo nei grandi centri urbani ma anche nei borghi più piccoli. 

Se lo immaginassimo come uno dei due bracci di una bilancia, dal lato opposto del turismo enogastronomico troveremmo senza dubbio l’overtourism, cioè quel “turismo eccessivo” (ciò che, letteralmente, la parola “overtourism” significa) che impatta negativamente sui territori, stravolgendone le caratteristiche e peggiorando sia la qualità percepita della vita da parte delle comunità che quei territori li abitano tutto l’anno sia la qualità dell’esperienza di visita dei turisti (definizione dell’Organizzazione mondiale del turismo). 

Nell’estate che si sta chiudendo, ad esempio, non sono mancati episodi di protesta in tutto il mondo, frutto della crescente insofferenza dei residenti nei confronti di un certo tipo di turista. La cronaca ci ha raccontato delle proteste sulla Rambla di Barcellona, delle migliaia di persone che a Palma di Maiorca hanno marciato con striscioni che invocavano “Meno turismo, più vita”, dei cittadini in Grecia che si sono messi a scandagliare le spiagge e segnalare attraverso un’app chi non rispetta le regole dell’occupazione del suolo o del gruppo punk che ha organizzato un campo di protesta in un’esclusiva isola del mare del Nord.

Anche il nostro Paese è interessato dal fenomeno e non solo nelle località (come Venezia, Roma o le Cinque Terre) che tutti si aspetterebbero: secondo un’indagine di Demoskopika pubblicata a maggio di quest’anno, infatti, sono Rimini, Bolzano, Livorno, Trento e Verona le città che maggiormente subiscono questo impatto. 

Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: botteghe artigiane che scompaiono sostituite da negozi di souvenir o di grandi catene internazionali; angoli e piazze che diventano sempre più uguali tra loro; aumento dei prezzi; impossibilità di trovare una casa in affitto se non sotto forma di alloggi temporanei per turisti; maggior inquinamento; consumo indiscriminato di acqua ed enorme produzione di rifiuti. 

Oltre a queste, però, ci sono altre conseguenze che sono meno visibili ma altrettanto – se non più – pericolose: l’erosione del suolo, la perdita di biodiversità, l’impoverimento degli ecosistemi.

I governi lo stanno comprendendo e stanno adottando provvedimenti: Copenhagen, per esempio, ha sviluppato il programma “copenPay”, che premia chi utilizza la bicicletta o i mezzi pubblici con sconti, biglietti gratis in musei, pasti in ristoranti convenzionati o noleggio di attrezzatura sportiva. In questa direzione va anche la scelta del Comune di Venezia di far pagare un biglietto di ingresso a coloro che visitano la città per un giorno e che non pernottano in alberghi, affittacamere e B&B all’interno del perimetro urbano.

Provvedimenti utili, certo, ma che incidono in maniera solo marginale sul fenomeno.

«Serve una maggiore attenzione all’educazione verso il territorio – spiega Marco Maggioli, professore di Geografia umana alla Iulm – che deve essere conosciuto da chi lo visita e da chi lo vive, perché è importante che le risorse utilizzate rimangano a disposizione delle popolazioni locali ma per fare questo servono investimenti in istruzione e formazione».

“Territorio”, dunque, è la parola chiave intorno a cui costruire un nuovo approccio allo sviluppo turistico. Un approccio che esalti le tradizioni culinarie locali, non disperda i flussi turistici, sostenga le economie locali e riduca l’impatto sull’ambiente: l’approccio che è alla base del turismo enogastronomico.

I vantaggi che derivano dal puntare su questa forma di turismo sono diversi:

  • Il turismo enogastronomico esalta le aree rurali, alleggerendo il “peso” dei visitatori sulle grandi città (l’ “overtourism” di cui si diceva prima);
  • Il turismo enogastronomico fa conoscere quel ricchissimo tessuto di coltivatori, produttori, trasformatori che rappresentano una fetta significativa e storica dell’economia nazionale, arrestando un fenomeno che, se continuasse, causerebbe un danno ingente per l’intero sistema–Paese;
  • Il turismo enogastronomico difende la biodiversità alimentare e la cultura culinaria italiana, perché ha la capacità di combinare forme di scoperta ed esperienza del territorio con pratiche agricole sostenibili che si prendono cura dell’ambiente e garantiscono prodotti di qualità e sicuri;
  • ll turismo enogastronomico insegna ad adottare stili di vita più sani, ricordandoci che cattiva alimentazione e scarsa attività fisica rappresentano seri problemi di salute individuale e collettiva, con ripercussioni pesanti sulla spesa pubblica;
  • ll turismo enogastronomico contrasta gli effetti negativi al cambiamento climatico, perché se turismo ed agricoltura sono responsabili delle variazioni del clima, sono anche quelli che al tempo stesso ne subiscono le conseguenze peggiori in una sorta di effetto domino.

Grazie al suo invito a rallentare i ritmi, a immergersi nelle tradizioni, a entrare in contatto diretto con i produttori locali, il turismo enogastronomico rappresenta dunque un’opportunità unica per ripensare il modo di viaggiare e di relazionarsi con i territori. Una modalità che valorizza le eccellenze locali coinvolge le comunità e promuovere la sostenibilità: esperienze autentiche e coinvolgenti, insomma, che hanno il vantaggio di essere più a misura non solo delle persone, ma anche dall’ambiente.

Autore

  • Silvia Gravili

    Nata nell’81, dopo la laurea magistrale conseguita con lode e un dottorato di ricerca su sviluppo territoriale, turismo, sostenibilità e valorizzazione dei prodotti tipici delle filiere agroalimentari e artigianali, si è specializzata in Social media management. Esperta di comunicazione istituzionale, relazioni pubbliche e comunicazione di sostenibilità, attualmente svolge la sua attività al CIHEAM, l’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari.

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