La “sondaggite” uccide la politica
Se Fanfani avesse seguito i sondaggi non avrebbe aperto nel 1963 al centrosinistra e formule politiche come la solidarietà nazionale non avrebbero trovato cittadinanza nella testa dei Moro e dei Berlinguer. Leader – ma siamo nella prima Repubblica – usi a “guidare” i tempi e non a farsi dominare da questi.
Un tempo, il politico “di razza” aveva il polso del Paese, delle esigenze dei cittadini, e non si affidava certo ai sondaggi per questa o quella decisione. Se una tesi lo avesse convinto, ci avrebbe lavorato per convogliare su di essa consensi. Ovviamente occorreva tempo e capacità. E questo spiega perché le scelte politiche non si esaurivano in una stagione e, quando cambiavano, diventavano un avvenimento.
Esattamente il contrario di quanto si è verificato in questi ultimi 30 anni con il nascere e il proliferare di un nuovo fenomeno: i sondaggi. Sono nati e si sono moltiplicati decine di istituti demoscopici che “pontificano” su tutto. Quindi anche in politica, con un tasso di affidabilità sul quale ancora pochi si interrogano. Il sondaggio è come un refolo di vento: arriva e se ne va. Ma nel frattempo il “dato” resta e vai a capire se è o meno giusto
Non c’è giornale o trasmissione televisiva che ogni giorno, soprattutto in periodi elettorali, non abbia il suo sondaggista di riferimento. E, poiché in Italia si vota ogni due per tre, i lettori e i telespettatori sono quotidianamente “bombardati” da percentuali che non sempre trovano conferma nella realtà.
Passi per il cittadino comune – ed è già grave – ma queste informazioni raggiungono, e purtroppo “condizionano”, soprattutto alcune scelte dei politici che ad esse si affidano.
Ora è di moda “sondare” il gradimento sui partiti, piccoli e grandi. Vengono stilate addirittura classifiche con uno 0,2 o 0,3 per cento in più o in meno e che poi non sempre trovano conferma nel riscontro elettorale.
Ed è su queste “informazioni” che gli “scappati di casa” o i “rivoluzionari della Scuola Radio Elettra”, per dirla con il leghista Giancarlo Giorgetti, “operano” in politica.
I Fanfani, i Moro, i Berlinguer ma anche gli Andreotti, i Craxi, i La Malfa e tutti i politici della Prima Repubblica si rivolterebbero nelle tombe. Uomini, loro, in grado – sia pure con alterne fortune – di “guidare” la politica, non di farsi guidare dai sondaggi.