giovedì, Novembre 21, 2024
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La “sondaggite” uccide la politica

Se Fanfani avesse seguito i sondaggi non avrebbe aperto nel 1963 al centrosinistra e formule politiche come la solidarietà nazionale non avrebbero trovato cittadinanza nella testa dei Moro e dei Berlinguer. Leader – ma siamo nella prima Repubblica – usi a “guidare” i tempi e non a farsi dominare da questi.

Un tempo, il politico “di razza” aveva il polso del Paese, delle esigenze dei cittadini, e non si affidava certo ai sondaggi per questa o quella decisione. Se una tesi lo avesse convinto, ci avrebbe lavorato per convogliare su di essa consensi. Ovviamente occorreva tempo e capacità. E questo spiega perché le scelte politiche non si esaurivano in una stagione e, quando cambiavano, diventavano un avvenimento.

Esattamente il contrario di quanto si è verificato in questi ultimi 30 anni con il nascere e il proliferare di un nuovo fenomeno: i sondaggi. Sono nati e si sono moltiplicati decine di istituti demoscopici che “pontificano” su tutto. Quindi anche in politica, con un tasso di affidabilità sul quale ancora pochi si interrogano. Il sondaggio è come un refolo di vento: arriva e se ne va. Ma nel frattempo il “dato” resta e vai a capire se è o meno giusto

Non c’è giornale o trasmissione televisiva che ogni giorno, soprattutto in periodi elettorali, non abbia il suo sondaggista di riferimento. E, poiché in Italia si vota ogni due per tre, i lettori e i telespettatori sono quotidianamente “bombardati” da percentuali che non sempre trovano conferma nella realtà.

Passi per il cittadino comune – ed è già grave – ma queste informazioni raggiungono, e purtroppo “condizionano”, soprattutto alcune scelte dei politici che ad esse si affidano.

Ora è di moda “sondare” il gradimento sui partiti, piccoli e grandi. Vengono stilate addirittura classifiche con uno 0,2 o 0,3 per cento in più o in meno e che poi non sempre trovano conferma nel riscontro elettorale.

Ed è su queste “informazioni” che gli “scappati di casa” o i “rivoluzionari della Scuola Radio Elettra”, per dirla con il leghista Giancarlo Giorgetti, “operano” in politica.

I Fanfani, i Moro, i Berlinguer ma anche gli Andreotti, i Craxi, i La Malfa e tutti i politici della Prima Repubblica si rivolterebbero nelle tombe. Uomini, loro, in grado – sia pure con alterne fortune – di “guidare” la politica, non di farsi guidare dai sondaggi.

Autore

  • Giornalista parlamentare collabora con importanti media nazionali. In Parlamento per oltre 40 anni ha seguito la storia politica del Paese, dalla prima repubblica ad oggi. Ha ricoperto l'incarico di caposervizio all'agenzia giornalistica Asca per la quale successivamente ha diretto, come redattore capo, il servizio politico-parlamentare.

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