venerdì, Novembre 22, 2024
Attualità

Il “funerale del grano” contro l’import selvaggio

Nel “World Pasta Day” migliaia di produttori Cia e Confagricoltura, con tanto di bara e corteo di trattori, hanno invaso il casello autostradale dell’A1 inscenando il “funerale” del grano, per chiedere misure urgenti per salvare il settore. Il presidente Scanavino: “Più di 775 mila tonnellate di grano importato e usato per fare la pasta potrebbe contenere tracce di glifosate, che in Italia è vietato.

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Un vero e proprio funerale, con tanto di bara, corteo di trattori e banda musicale. Nella Giornata Mondiale della Pasta, gli agricoltori di Cia e Confagricoltura inscenano la morte del grano italiano, “ucciso” dall’import selvaggio e senza controlli e dai prezzi sui campi non remunerativi.

Migliaia di agricoltori, con oltre 100 trattori, hanno invaso oggi il casello Valdichiana della A1, a Bettolle (Siena), per protestare contro la situazione e difendere il reddito delle loro aziende e la tenuta del settore.

“Il nostro grano di qualità non si vende, il prezzo proposto dalla domanda del mercato è inaccettabile. Questo anche perché siamo sommersi da grani esteri, tutt’altro che sicuri dal punto di vista salutistico, che falsano il mercato, non rispettando i veti previsti dall’Italia nella fase dei processi produttivi, come ad esempio l’uso del glifosate -ha denunciatoil presidente nazionale della Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, da Bettole-. Conti alla mano, vuol dire che circa il 15% della pasta venduta come ‘Made in Italy’, ovvero un pacco di pasta su tre, potrebbe contenere tracce di un diserbante. Garanzie che questo non avvenga: nessuna fino a prova contraria. Infatti, sull’uso di alcune sostanze chimiche, non c’è uniformità legislativa, a livello mondiale, né certezze sui danni che possano recare alla salute dei consumatori. Solo dal Canada importiamo ben 1,2 milioni di tonnellate di grano duro. Allora chiediamo che si faccia chiarezza sulla situazione. E’ assurdo, in questo caso, non venga applicato il principio di precauzione sugli alimenti che entrano nella filiera della trasformazione nel nostro Paese”.

“Il grano italiano sta morendo, per mano di chi mette i nostri produttori in una condizione di debolezza contrattuale-ha continuato Scanavino-. Da una parte si chiede agli agricoltori di coltivare rispettando i massimi livelli qualitativi e sanitari per il prodotto, dall’altra si permette l’ingresso di enormi derrate di dubbio ‘pedigree’ che mandano in tilt il mercato. Per questo non abbiamo altra strada da percorrere che la protesta a oltranza, finché produttori e consumatori non vengano adeguatamente tutelati”.

Tra le richieste portate avanti da Cia e Confagricoltura al Governo ci sono: la sospensione temporanea delle autorizzazioni all’import in regime di Tpa (Traffico di perfezionamento attivo), per evitare ulteriori speculazioni; l’impegno in Europa affinché la Pac, oggi incredibilmente ancora in revisione (Psr 2014-2020), possa incentivare strumenti come i fondi mutualistici per la stabilizzazione del reddito. Inoltre le due organizzazioni chiedono di velocizzare l’attuazione delle misure annunciate nel Piano cerealicolo nazionale con provvedimenti mirati che possano andare incontro alle esigenze degli agricoltori, come ad esempio il potenziamento dei centri di stoccaggio e il sostegno alla maggiore aggregazione dell’offerta.

L’annata agraria 2016 è stata caratterizzata da buone rese in Italia: le produzioni nazionali di grano duro hanno superato i 5 milioni di tonnellate, ma questo non ha impedito di effettuare, comunque, inopportune importazioni a solo scopo speculativo. Anche le quotazioni sono ancora ben al di sotto dei 20 euro al quintale e le stesse produzioni biologiche non riescono a superare i 25 euro di valore. Prezzi ben al di sotto dei costi di produzione, quindi, che non portano alcun vantaggio ai consumatori, considerato che i prezzi della semola e della pasta restano stabili, se non in aumento. “Ovvio chenon può funzionare una filiera che vede un quintale di pasta pagato 180 euro dal consumatore e un quintale di grano duro pagato 18 euro al produttore agricolo -hanno spiegato Cia e Confagricoltura-. Troppo ampia e ingiustificata la forbice”.

Tra le altre richieste delle organizzazioni agricole, contenute in un documento ad hoc, ci sono: la necessità di incentivare gli accordi e contratti di filiera capaci di garantire una più equa ridistribuzione del valore del prodotto finito, con prezzi minimi garantiti da contratti di coltivazione; la messa a punto di strumenti di salvaguardia del reddito; una campagna di promozione e valorizzazione della pasta italiana nel mondo che trova oggi una concorrenza impensabile fino a soli pochi anni fa, valorizzando la filiera italiana; la completa tracciabilità del prodotto tramite l’indicazione dell’origine del frumento in etichetta per pane, pasta e biscotti.

E ancora -per Cia e Confagricoltura – bisogna rendere obbligatoria, e non facoltativa, la comunicazione delle scorte da parte degli operatori commerciali e industriali in modo da avere dati oggettivi e verificabili; rendere più trasparente la valutazione di mercato e approntare un bilancio previsionale affidabile della nuova campagna di commercializzazione; puntare alla sburocratizzazione e maggior efficienza delle agenzie di pagamento nazionale e regionali (Agea, Artea); accelerare, snellire e semplificare le attività di controllo delle produzioni del Sistema informativo agricolo nazionale (Sian); prevedere un controllo qualitativo obbligatorio di tutti i prodotti agroalimentari importati.

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