I piccoli passi controversi dei giganti della COP 28
Trovato l’accordo tra i 198 partecipanti alla conferenza mondiale sul clima di Dubai. Per la prima volta si chiede l’uscita dai fossili, ma usando una nuova terminologia, e la neutralità dalle emissioni entro il 2050. Accordo da molti definito “storico”. Quasi 100mila partecipanti tra negoziatori, lobbisti e attivisti
I colloqui della 28^ Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Dubai si sono conclusi con un accordo da molte parti definito “storico” che vede i Paesi partecipanti prendere un impegno comune per ridurre l’utilizzo di tutti i combustibili fossili entro il 2050. Ad annunciare l’intesa nella notte tra il 12 e il 13 dicembre è stato il sultano degli Emirati Arabi Uniti Ahmed Al-Jaber presidente della Cop 28. Il testo, frutto di complessi negoziati, è stato adottato per consenso e non all’unanimità in quanto non c’è stata una vera e propria votazione. Lunghi applausi e una standing ovation hanno salutato l’adozione di un testo che, per la prima volta nella storia delle conferenze sul clima delle Nazioni Unite, menziona tutti i combustibili fossili (petrolio, gas e carbone).
«È la prima volta che i combustibili fossili entrano nell’accordo finale» dice il presidente Al Jabar perché per la prima volta in una dichiarazione finale della conferenza Onu sul clima le parti si impegnano ad abbandonare i combustibili fossili (petrolio, gas e carbone) anche se si sceglie una parola più morbida, “transitioning away” (transitare) invece del termine “phase out” (eliminazione graduale) come richiesto dai Paesi più ambiziosi ma rifiutato dai Paesi produttori.
L’uso del termine “transizione” invece di “eliminazione”, che ha reso la formulazione più ambigua e soggetta a interpretazioni di segno opposto, è stato decisivo per convincere l’Arabia Saudita, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) e i tanti rappresentanti delle lobby finanziarie e dei combustibili fossili. L’Alleanza dei piccoli stati insulari (Aosis), in prima linea nella richiesta di misure forti contro i combustibili fossili, ha affermato che sono stati fatti passi avanti ma che rimangono le preoccupazioni per il futuro.
L’accordo chiede ai Paesi di abbandonare rapidamente i sistemi energetici dai combustibili fossili in modo giusto e ordinato e contribuire allo sforzo di transizione globale anziché compiere tale cambiamento da soli. Il testo approvato contiene anche molti inviti alla transizione energetica. Tra gli altri c’è quello a triplicare le capacità di energia rinnovabile e a raddoppiare il ritmo dei miglioramenti dell’efficienza energetica entro il 2030, inoltre è previsto anche l’impegno ad accelerare le tecnologie “zero carbon” e “low carbon” e pure il ricorso all’energia nucleare e all’idrogeno. L’intesa afferma che la transizione deve avvenire in modo da raggiungere le zero emissioni nette di gas serra nel 2050 seguendo i dettami della scienza del clima e prevede che il mondo raggiunga il picco di emissioni entro il 2025, ma lascia spazio di manovra ai singoli Paesi per raggiungerlo più tardi e permettendo l’utilizzo di fonti fossili come combustibili di transizione per garantire la sicurezza energetica. Un piccolo passo in avanti ma ora tutto passa nelle mani degli Stati che devono dimostrare i loro intendimenti con azioni concrete, decise, senza tentennamenti di fronte alla velocità dei cambiamenti climatici
Soddisfatta l’Unione Europea, che guidava il gruppo dei più ambiziosi: «Il mondo ha adottato una decisione storica alla Cop28 per mettere in moto una transizione irreversibile e accelerata fuori dai combustibili fossili», ha detto uscendo dalla plenaria il commissario Woepke Hoekstra. Approvazione piena anche di John Kerry, inviato USA, individuato come uno dei grandi tessitori dietro le quinte dell’accordo: «Un motivo per essere ottimisti» in un mondo in conflitto. «Che vi piaccia o no, l’eliminazione dei combustibili fossili è inevitabile. Speriamo che non arrivi troppo tardi», ha commentato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
Durissimo invece il commento del negoziatore delle isole Samoa, che ha guidato l’Alleanza delle piccole isole e stati insulari (Aoisis) che si è lamentato che l’approvazione del testo sia avvenuta mentre loro non erano ancora entrati nella sessione plenaria e svolto in fretta e furia senza dibattito, intervento che è stato accolto con applausi e standing ovation a conferma di un nervosismo latente che serpeggiava nell’assemblea. L’Aosis, in prima linea nella richiesta di misure forti contro i combustibili fossili, ha comunque affermato che sono stati fatti passi avanti ma che rimangono le preoccupazioni.
L’accordo «è un buon compromesso, alla fine è prevalso il buonsenso» per il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani e sottolinea che l’intesa «va verso una direzione giusta. Dobbiamo andare verso la decarbonizzazione, dobbiamo ridurre sempre più i fossili. Mi pare – ha affermato – che sia stato raggiunto un buon compromesso. Sembrava ci fossero più resistenze da parte dei Paesi produttori di petrolio».
L’inviato cinese per il clima, Xie Zhenhua, si è espresso a favore dell’accordo.
«Manca la promessa esplicita di eliminare i combustibili fossili, ma parlare di transizione è comunque un segnale importante» ha affermato Caroline Brouillette, direttrice della rete di ong Climate action network Canada che ha però criticato l’inclusione nel testo di «pericolose diversioni come le tecnologie di cattura del carbonio e lo sviluppo dell’energia nucleare».
Dal Brasile, il commento di Marcio Astrini, segretario esecutivo di Climate Observatory, secondo cui il segnale è stato dato ma dal punto di vista della sostanza la strada è ancora lunga. «Il governo brasiliano dovrà assumere un ruolo guida fino al 2024 – spiega – e gettare le basi per un accordo COP30 a Belem che aiuti le comunità più povere e vulnerabili del mondo. Si può iniziare – suggerisce – ritirando la promessa di aderire all’Opec, il gruppo che ha tentato senza riuscirci di far naufragare questo vertice».
La Cop 28 di Dubai, segnata da un clamoroso conflitto di interessi iniziale, si chiude quindi con molti enigmi ancora incerti e da affrontare tra i primi quelli relativi alle intenzioni degli Stati che devono dare sostegni concreti alla dichiarazione finale con finanziamenti adeguati e rapidità di azione ma con un passo in avanti importantissimo.