giovedì, Novembre 21, 2024
Agricoltura

Fra molte incertezze e qualche speranza, al via la trebbiatura nel cratere del sisma

E’ un inizio di estate che non riesce ad essere festoso come quello degli anni che lo hanno preceduto quello che si svolge nelle aree di Amatrice,  Accumoli e Norcia, colpite dal terremoto che la notte del 24 agosto scorso ha stretto nel suo abbraccio di terrore e morte ben 151 Comuni fra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo.   In queste fertili zone dell’appennino centrale dove agricoltura, pastorizia ed attività di trasformazione enogastronomica per molti ancora rappresentano una fonte primaria di reddito, una popolazione  ancora in lutto per gli oltre 300 morti provocati dal sisma e impegnata quotidianamente nella rimozione di enormi cumuli di macerie è adesso obbligata a confrontarsi anche con il contraccolpo economico dovuto alla contrazione  nelle attività produttive che facevano parte del connettivo di queste zone.

Proprio all’avvio della trebbiatura,  i dati diffusi da Coldiretti su elaborazione Istat segnalano che nell’area collocata nel cratere del terremoto il raccolto del grano ha infatti subito una calo di quasi il 15% (per effetto congiunto del maltempo e della riduzione dei terreni seminati dopo le scosse), mentre la produzione di latte, uno dei vanti storici di questi territori, è scesa addirittura del 20% a causa dello stress subito dagli animali, oltre che per il loro calo numerico legato ai molti decessi e alla forzata chiusura di molte stalle.

Inoltre, lo svuotamento di interi paesi, il crollo del turismo, lo stato di incertezza diffusa fra gli stessi abitanti  hanno determinato in queste zone un vero e proprio tracollo nelle vendite sia dei prodotti agricoli che alimentari.

Una situazione drammatica che eppure mette in luce anche il coraggio di questi agricoltori e allevatori, che sono riusciti – pur fra mille difficoltà – a garantire la produzione della maggior parte delle tipicità del loro territorio.  La tenacia di questi contadini coriacei, grazie alla mobilitazione di tutte le forze militari impegnate nell’area, questo inverno ha permesso ad esempio di superare l’isolamento viario della piana di Castelluccio e portare a termine la semina di quella famosa lenticchia tanto apprezzata sulle nostre tavole.   Allo stesso modo una pari determinazione ha garantito che anche questo anno fosse disponibile per i consumatori  il ciauscolo, il caratteristico salame spalmabile marchigiano, pur a fronte di un calo nella produzione di circa il 15%. Una contrazione che, come prevedibile ha interessato in maniera simile molti dei prodotti più rappresentativi di queste regioni, come il pecorino dei Sibillini, la patata di Colfiorito, lo zafferano, il tartufo, il prosciutto di Norcia o la cicerchia, solo per citarne alcuni.

Specialità molto note dell’agroalimentare italiano che palesano anche la strutturazione di una realtà economica molto importante costruita nel tempo per queste aree.  Qui infatti sono ben 292mila gli ettari messi a coltura. Per  la maggior parte destinati a seminativi (circa il 56%), mentre il resto del territorio è dedicato a pascoli e prati per l’allevamento. Il tutto viene gestito da imprese per la quasi totalità a conduzione familiare(96,5%).

Dal grano duro per la pasta, all’orzo per la birra artigianale, dal farro all’avena, dai girasoli alle lenticchie e agli altri legumi, queste colture delineano ormai il paesaggio rurale di queste zone. Significativa anche la presenza di allevamenti con quasi 65 mila bovini, 40mila pecore e oltre 11mila maiali dai quali scaturisce anche un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi che garantiscono specialità di pregio famose in tutto il mondo.

Per queste attività, sottolinea Coldiretti, la gestione post terremoto presenta ancora troppe criticità. Ad esempio, molte delle stalle promesse per il ricovero provvisorio degli animali ad oggi non sono state ancora consegnate (ne mancano all’appello quasi il 45%), mentre sono stati realizzati solo il 53% dei fienili necessari all’attività contadina. Gli assestamenti sismici, gli ulteriori crolli e un mercato turistico ancora spaventato da possibili scosse,  ha fatto sì che solo il 57% degli agriturismi colpiti riprendesse l’attività.

Su tutto questo si aggiunge anche la grave speculazione che sta colpendo il mercato del grano nazionale, duramente messo alla prova da un’aggressiva offerta internazionale al ribasso. In questi territori già duramente provati – sottolinea il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo – dover vendere un chilo di grano a poco più di venti centesimi,  dopo tutti i sacrifici che è costato,  appare ancora più ingiusto di quanto già non lo sia.

Cristiana Persia

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