Fare Rete: arma vincente a difesa del Territorio
di Cristiana Persia
Mettere in comune i dati e le informazioni in possesso di Enti pubblici con competenze diverse per giungere ad una conoscenza integrata capace di supportare misure politiche di intervento efficaci per la manutenzione, la tutela e la valorizzazione del nostro territorio. È questa la sfida, ed insieme anche l’appello, che l’Istituto superiore per la ricerca ambientale (ISPRA) e quello per la Conservazione e il Restauro dei Beni culturali (IsCR) hanno lanciato anche agli altri Enti statali presentando a Roma il lavoro di 15 anni di attività congiunta che ha portato alla predisposizione di una mappa di rischio del nostro patrimonio paesaggistico.
Un approccio che – come sottolineato dalla Direttrice del Settore educazione e Ricerca del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Caterina Bon Valsassina – fonda il suo valore sull’entropia e la complessità creata dall’interconnessione di conoscenze diverse favorite dalla tecnologia digitale che permettono di affrontare in maniera più dinamica le realtà e le difficoltà del mondo di oggi.
D’altra parte i problemi con cui si confronta il nostro patrimonio artistico, insieme alla gravità del dissesto idrogeologico del paesaggio, impongono alla PA ed ai politici un drastico cambio di marcia. I dati diffusi da ISPRA e IsCR individuano per il nostro Paese 14mila beni culturali ed architettonici esposti a rischio frana, mentre sono oltre 28 mila solo quelli soggetti a possibili alluvioni. Complessivamente, secondo quanto riportato da Erasmo de Angelis, capo dell’unità di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico, su base nazionale questi raggiungono – con priorità di intervento diversa – quasi le 200mila unità (188.565 per la precisione).
Su questa situazione gravissima, incombe un’inerzia amministrativa che produce un’ulteriore situazione di rischio: l’obbligo imposto sin dal 2004 per tutte le Regioni di provvedere alla definizione dei rispettivi Piani paesaggistici è stato infatti completamente disatteso (con eccezione della Puglia, della Toscana e, per alcune misure, dalla Liguria). Ciò ha contribuito a far perdurare quella condizione di erosione del suolo e sviluppo dell’abusivismo che non ha eguali in tutta l’Ue e che può essere indicata come la principale, se non in alcuni casi addirittura l’esclusiva, causa di molte di quelle emergenze con cui ogni anno il Paese si confronta.
Se consideriamo poi il Paesaggio come ambiente antropizzato, luogo di interazione millenaria della nostra civiltà, tutelare le opere, i nostri siti storici ed ambientali non è un semplice esercizio di stile, ma va di pari passo con la protezione di tutti noi che quel territorio abitiamo.
Ad una condivisione di conoscenze invocata a gran voce (nel sistema comune ISPRA – IsCR confluiranno anche i dati in possesso dell’Istituto per la documentazione e la catalogazione del Patrimonio), si aggiunge la consapevolezza che “fare rete” significa poter sfruttare al meglio tutte le risorse che il settore pubblico ha già a disposizione.
Un aiuto chiave per la tutela del nostro ambiente è quello che l’Agenzia Spaziale Italiana si è detta disposta ad offrire grazie alla tecnologia per immagini satellitari fornita attraverso Cosmo Sky Med, il sistema spaziale che include quattro avanzatissimi satelliti radar finanziati dal nostro Paese con un primo piano di investimenti pari a un miliardo e 100 milioni di euro, cui si affiancherà un secondo progetto, di prossima attivazione, per circa 600 milioni.
La sofisticata tecnologia del sistema Cosmo Sky Med, che non risente di eventuali interferenze da parte delle condizioni meteo (nessun oscuramento da parte delle nubi, solo per fare un esempio), prmette di osservare nitidamente il territorio sia di giorno che di notte, di monitorare una stessa area fino ad otto passaggi al giorno e di raccogliere dati con un sistema di precisione che, in verticale, raggiunge una perfezione millimetrica (in orizzontale invece, poiché la misurazione si basa su calcoli trigonometrici, lo scarto è inferiore al metro).
Il sistema di interazione permesso dalle immagini satellitari permette così di comparare dati provenienti da punti prestabiliti e mappati sul territorio (definiti “Permanence Scatter”), di monitorarli in tempi diversi e di individuare in tempi reali possibili variazioni. Insomma, un sistema di rilevamento che può essere fondamentale per prevedere smottamenti, frane o cedimenti di strutture; capace di intercettare gravi problematicità può essere così di massimo supporto per pianificare gli interventi necessari a protezione dell’ambiente.
Proprio il grado di avanzamento tecnologico raggiunto ha permesso al presidente dell’Agenzia Spaziale, Roberto Battiston, di annunciare la creazione di una “Rete” di Enti pubblici e privati specializzati che aiuteranno ASI nel primo monitoraggio su scala nazionale di tutto il patrimonio edilizio ed infrastrutturale italiano. Un’analisi, per volumi di dati analizzati, decisamente complessa, ma che grazie ad un aiuto sinergico, contribuirà finalmente a raccogliere informazioni dettagliate sulle condizioni delle scuole (oltre 56 mila sul nostro territorio), degli ospedali e delle case di cura circa 1.500), delle strutture museali e del patrimonio archeologico, e che potrà essere allargata ad ogni aspetto del nostro territorio.
Uno strumento che, coniugato a quanto già messo in campo dalla rete di ISPRA e IsCR, dovrebbe essere in grado di guidare al meglio le scelte dei decisori politici e di mettere finalmente in sicurezza tutto il nostro Paese, beni artistici inclusi.