sabato, Febbraio 1, 2025
Ambiente

Burberry dice stop alla distruzione dei prodotti invenduti

di Gianluca De Angelis

 Svolta ambientalista per un grande marchio britannico dell’abbigliamento: i capi Burberry invenduti non saranno più bruciati, come accadeva in precedenza. L’annuncio è stato fatto dalla casa di moda per imprimere un deciso cambio di rotta rispetto al passato, quando accessori, abiti e profumi venivano spediti negli inceneritori, tanto che nel solo 2017 l’esclusivo brand ha bruciato prodotti per un valore di 31 milioni di euro, e soltanto per proteggere il proprio marchio.

Burberry era finita al centro delle polemiche per questa sua abitudine, volta a proteggersi da contraffazioni e furti. Un’abitudine, però, che aveva provocato dure reazioni degli ambientalisti, i quali avevano protestato sostenendo che bruciare capi di vestiario (e oltretutto nuovi) fosse un inutile spreco e un danno ambientale.

I vertici dell’azienda si erano giustificati affermando di aver cura dei processi di smaltimento, per ridurre al minimo le eccedenze di ciò che veniva prodotto. Inoltre, per quanto riguarda la tutela dell’ecosistema, avevano voluto rassicurare gli ambientalisti dicendo che l’energia generata dalla combustione dei prodotti era stata catturata, per renderla compatibile con l’ambiente.

Secondo una stima del Times la cifra dei prodotti inceneriti corrisponde a quella che Burberry avrebbe potuto guadagnare vendendo a prezzo pieno ben ventimila modelli del famoso “trench”, quell’icona dell’abbigliamento che ha reso noto il marchio in tutto il mondo. L’azienda aveva già utilizzato la stessa tecnica in passato, tanto che negli ultimi cinque anni, è riuscita a bruciare prodotti per un valore complessivo di ben 90 milioni di sterline, vale a dire circa 100 milioni di euro.

Ma Burberry non è stata la sola ditta ad utilizzare questo drastico tipo di soluzione: infatti la stessa discutibile pratica è stata adottata anche dalla catena di moda low cost svedese H&M, da Amazon e altre etichette per quanto riguarda i rispettivi prodotti, tutte aziende cadute nel mirino degli ambientalisti.

Nonostante le rassicurazioni di queste aziende gli ecologisti hanno continuato a protestare e a fare opera di sensibilizzazione fino ad ottenere, infine, una netta inversione nelle scelte di Burberry, tanto che il CEO della ditta, Marco Gobbetti, ha detto che “il lusso moderno non può prescindere dalla responsabilità sociale e ambientale e questo per noi è fondamentale e sarà la chiave del nostro successo a lungo termine”; e ha inoltre aggiunto: “Lo facciamo in maniera responsabile e continuiamo a cercare modi per ridurre o rivalutare i nostri rifiuti. Questa è una parte fondamentale della nostra strategia da qui al 2022 e abbiamo stretto collaborazioni e partnership con alcune organizzazioni”.

Lo smaltimento delle merci invendute non è un problema di facile soluzione, perché l’idea di venderle a prezzo scontato potrebbe porre la questione di una grande quantità di capi indossati da clientela fuori del target di riferimento, oppure un rischio di incidenza sui prezzi se fossero presenti in circolazione più prodotti di quanti ne potrebbero essere venduti regolarmente.

Distruggere i prodotti è comunque un passo estremo e sicuramente con una notevole ricaduta sull’ambiente, oltre al problema etico di non utilizzare vestiario che potrebbe essere utile a persone disagiate o a paesi in situazione di povertà. Almeno a questo si è cercato di porre rimedio e d’ora in poi l’invenduto di Burberry sarà riciclato o donato.

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