Russia – Ucraina: guerra di energia, ma anche di pasta
Allarme degli operatori e delle organizzazioni agricole per gli ulteriori effetti negativi sul nostro sistema agroalimentare, già squilibrato e falsato da grandi interessi
È allarme unanime: in queste ore, Coldiretti, Assoutenti, Federalimentari, Assopanificatori-Fiesa Confesercenti, Cai (Consorzi Agrari d’Italia) avvertono che la crisi del gas e del petrolio non sarà l’unica che la guerra alle porte dell’Europa si porterà dietro, e lanciano l’allarme, forse tardivo, su un sistema agroalimentare squilibrato e falsato da grandi interessi, dove il grano duro italiano – sottolinea la Coldiretti in una nota ufficiale diffusa questi giorni– è pagato agli agricoltori nazionali meno di quello proveniente dall’estero da Paesi Extra Eu, dove è coltivato peraltro con l’uso del glifosato in preraccolta, vietato in Italia, con rischi seri sulla salute dei cittadini.
Inoltre, con una manovra di pura speculazione finanziaria finalizzata a rimpinguare le casse dell’amica Russia, la Cina ha acquistato stock enormi di grano dalla Russia proprio in queste ore. La misura del problema è chiara anche con i soli dati più semplici, che vedono nel prodotto che transita nel nodo dei porti sul mar Nero dell’Ucraina, attualmente bloccati dal conflitto, insieme alla produzione russa quasi 1/3 del commercio mondiale di grano (29% – dati Coldiretti)
Molte voci sono purtroppo da anni inascoltate. “Abbiamo abbandonato quasi la metà delle superfici agricole, non tanto e non solo per le trasformazioni economiche e sociali del Paese, ma perché i prezzi delle nostre produzioni non sono giudicati vantaggiosi rispetto a quelli di altri Paesi – commenta Mauro Agnoletti, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Nazionale sul Paesaggio Rurale – questo ha portato a un progressivo scollamento dell’industria agroalimentare dal nostro territorio”.
In crisi le grandi realtà produttive che da sempre si approvvigionano di grano all’estero beneficiando di una normativa che permette la dicitura ‘fatto con grano Italiano’ quando si riscontri la prevalenza (51%) di grano made in Italy. Risuona l’allarme già innescato ad inizio anno quando imprenditori come Divella avvertivano che per la pasta fossero in arrivo “rincari fino al 38%”
Ma la crisi è anche per gli artigiani del gusto, coloro che curano e producono il vero ‘petrolio’ made in Italy, il nostro agroalimentare. Come molti affermano, si assisterà ad una corsa al grano più pregiato a fronte di prezzi che già per altre motivazioni – legate al covid, ad esempio – hanno visto incrementi vicini al 50%. I nostri pastai, ad esempio, hanno già fatto i conti negli ultimi mesi con la recente normativa europea sulle uova, unita ad epidemie di aviaria che hanno fatto schizzare anche il prezzo di queste ultime, insieme a rincari su imballaggi e trasporti.
“Di certo nelle prossime settimane assisteremo ad una carenza vera e propria di farina di grano tenero, pur essendo fiduciosi che i nostri fornitori di nicchia e di piccole produzioni di qualità resisteranno”, dice Stefano Uccella, Presidente Nazionale Pastai per Cna, che indica uno spiraglio di speranza: “Stiamo lavorando da anni, e negli ultimi mesi con una grossa accelerata, finalmente, insieme alle associazioni di agricoltori e dei trasformatori per arrivare a contratti di filiera corta, dove possa essere garantita la giusta remunerazione a tutti i soggetti in campo. Speriamo che si comprenda il grande valore di queste azioni e si possa finalmente chiudere un circolo virtuoso tra tutti noi paladini del vero made in Italy.”