martedì, Dicembre 3, 2024
Ambiente

Ebe Giacometti (Italia Nostra): ridisegnare il rapporto uomo-ambiente

Il 5 giugno di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale dell’Ambiente istituita dall’Assemblea Generale dell’ONU il 15 dicembre 1972. La data fu scelta per ricordare la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente tenuta a Stoccolma dal 5 al 16 giugno del 1972. Proprio in quell’occasione venne adottata la Dichiarazione di Stoccolma che definì i 26 principi sui diritti e le responsabilità dell’uomo in relazione all’ambiente. La Giornata si celebra dal 1974, ogni volta con una impostazione diversa, lo slogan della prima edizione fu “Only One Earth”, il tema di quest’anno è Ecosystem Restoration, con l’obiettivo di prevenire, fermare e invertire i danni inflitti agli ecosistemi del pianeta. Lo scopo della Giornata è far crescere la consapevolezza globale dei cittadini sui temi legati alla natura e influire sui governi, le istituzioni, la società civile e sulle persone perché sviluppino azioni concrete per arrestare e invertire la tendenza.

Spesso accade che nel senso comune e a volte anche nel lessico, ambiente diventi sinonimo di natura, di flora, fauna, geologia in rapporto con l’umanità tralasciando invece l’insieme correlato e quanto le opere realizzate dall’uomo abbiano modificato e integrato nei millenni l’assetto originario. Insomma ambiente come luogo dell’uomo in relazione alla sua vita.

Per approfondire questi argomenti ne abbiamo parlato con la dr.ssa Ebe Giacometti, storica dell’arte, esperta in valorizzazione territoriale, beni culturali, ambientali e paesaggistici, consulente di tante prestigiose istituzioni pubbliche, enti di ricerca e fondazioni e dal 2019 presidente di Italia Nostra, storica e influente associazione fondata nel 1955 con lo scopo di proteggere i beni culturali e ambientali del nostro paese. Per saperne di più il loro sito è www.italianostra.org.

Le precauzioni suggerite dalle disposizioni contro la pandemia, seguite forse ora con un pizzico di zelo di troppo o forse per un’assuefazione a queste modalità che speriamo sparisca insieme al virus, la conversazione con la nostra interlocutrice è con l’ausilio del telefono, ciò ci priva dell’empatia dell’incontro. Ma cominciamo.

Italia Nostra è un’associazione storica che da oltre 65 anni si occupa della tutela, della conservazione e della valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale del nostro paese. Qual è il vostro concetto di ambiente?

«Noi guardiamo al paesaggio come un contenitore anche della tematica ambientale. Per noi il paesaggio è l’espressione di sintesi tra l’antropizzazione, le attività dell’uomo per modificare le caratteristiche naturali e tutte le altre declinazioni della biodiversità. Secondo noi è proprio questa contaminazione culturale tra tanti aspetti che debbono essere sintetizzati insieme e senza i quali diventa una sorta di contrapposizione tra i due termini ambiente e paesaggio».

La presidente Giacometti ci introduce così nell’argomento.

«Adesso si parla di ambientalismo industriale per questa transizione ecologica mentre invece noi avremmo l’urgenza di disegnare un futuro che tenga conto delle peculiarità del nostro territorio. Alcune realtà caratterizzate dall’intervento dell’uomo, i centri storici, i complessi monumentali e archeologici, vanno necessariamente rispettati perché andiamo a toccare un punto nevralgico di uno dei settori che ha fatto la differenza nel PIL italiano che è quello del turismo».

I temi ambientali appaiono spesso agli occhi del pubblico come circoscritti a gruppi di esperti oppure delegati alla politica. Secondo lei i cittadini, sono sufficientemente informati, sono sufficientemente coinvolti nelle decisioni?

«L’Unione Europea nel momento in cui ne siamo entrati a far parte chiedeva che tutti i processi partecipativi fossero fondamentali per il disegno delle strategie e quindi la consultazione veniva vista come un passaggio necessario. A livello italiano devo dire che questa prassi è stata interpretata in maniera un po’ fuorviante e si trasforma spesso in veri e propri teatrini. Questo purtroppo lo sto verificando in tante partite importanti. Credo che sia dovuto al fatto che manca una visione realmente strategica per il futuro del nostro paese e questo temo che sia il vero nodo del Recovery Plan».

Ecco, il Recovery Plan …

«Questa scelta rischia di trasformarsi in un ennesimo piano sviluppista che non ha chiari gli obiettivi che fanno bene al nostro Paese e non dà la giusta centralità a quelli che sono i nodi irrisolti anche a livello occupazionale. E’ questo che fa scappare i nostri ragazzi dal nostro Paese, la sensazione di vivere in un luogo che non porta avanti delle posizioni in coerenza e è un po’ doloroso per la mia generazione, pensando ai miei figli e ai miei nipoti».

Poi la dr.ssa Giacometti precisa, sulla questione delle rinnovabili: «Già con Conte avevamo cominciato a chiedere un tavolo di confronto per definire in pratica il decreto del 2010 che chiedeva di scegliere le aree che devono avere destinazione industriale rispetto a quelle da rispettare. E’ l’Europa che ha chiesto di identificare quali sono le zone buone per questo tipo di sviluppo e quali no; allora se già noi ci attenessimo alle direttive europee, che poi ci viene detto che sono state il motivo del lasciapassare per ottenere il Recovery, beh già questo potrebbe essere un passo in avanti. Certo che se si comincia con le dichiarazioni che non ci deve essere un minimo di controllo da parte del Ministero della Cultura che oggi ha la mission della tutela della conservazione paesaggistica, se non si obbligano tutte le regioni italiane a fare una reale pianificazione e adozione dei piani paesaggistici per regolamentare le azioni che verranno fatte sul territorio… Noi sono anni che insistiamo sull’adozione dei piani paesaggistici come reale strumento per regolare il governo del territorio e nel governo del territorio rientrano anche i piani energetici regionali che stabiliscono dove vale la pena fare questi impianti, come farli, quanto devono produrre e se si arriva a dei livelli di saturazione. Ci sono dei Paesi in Europa, e sto pensando al nord Europa e alla mittel Europa, che ormai hanno chiuso i battenti rispetto alla produzione di rinnovabili. Vogliamo domandarci per quale motivo?».

Il tema delle energie rinnovabili e il loro impatto sull’ambiente e il paesaggio è un argomento cruciale e si evidenzia anche dal trasporto con cui ne parla la dr.ssa Giacometti.

«Stiamo ponendo domande da più di un anno al governo, al ministero, a Franceschini, che al suo ultimo insediamento ci ha anche risposto che condivideva, che si sarebbe adoperato, dopo di che non ci ha più ricevuto. Abbiamo scritto al ministro Cingolani sempre in occasione dell’insediamento e ancora non ci ha ricevuto. E’ troppo facile ricevere una parte dell’ambientalismo italiano e non ascoltare l’altra parte che per altro non ti dice no alla decarbonizzazione o non ti dice no a studiare la migliore forma di produzione energetica per l’Italia; ti dice stiamo attenti a non depauperare il Paese di quella che è la principale energia, la principale fonte di attrattività, lo stesso ministro Franceschini aveva affermato che il turismo era l’elemento distintivo, il petrolio del Paese, allora dietro questi slogan perché non c’è una reale attenzione a disegnare delle strategie vere e reali? Questo ce lo domandiamo. Per cui sì ambiente, ma cosa stiamo facendo realmente per tutelare l’ambiente?»

A proposito di partecipazione, ritiene che giornate internazionali come questa dedicata dalle Nazioni Unite all’ambiente, ma ce ne sono anche altre legate a temi analoghi, per la Terra, la natura, ecc. siano utili per aumentare la consapevolezza dei cittadini?

«Più se ne parla, più si entra sotto la pelle dei cittadini e più si acquisisce consapevolezza sociale. Ci si accorge di quanto poco si tratta la cultura, i temi della conservazione del paesaggio e della natura in tv se escludiamo i grandi documentari o i talk show? Non si fa mai un dibattito serio e puntuale sui tanti aspetti della sostenibilità. Qualche trasmissione di inchiesta ogni tanto ma in maniera episodica e non dando una reale coralità ai punti di vista che vengono toccati».

L’Italia è stata baciata da tutti gli dei: ha beni naturali, paesaggistici, ambientali, archeologici, artistici senza uguali nel mondo. Ha il maggior numero di siti UNESCO, un patrimonio su cui poggiare una buona parte del proprio destino. Secondo voi cosa si dovrebbe fare?

Sorride la nostra interlocutrice ma la passione e la competenza con cui parla passa anche attraverso i satelliti che ci mettono in comunicazione e si sente.

«Mettersi intorno a un tavolino e cominciare a far dialogare in una contaminazione culturale i vari attori che operano nel mondo del lavoro, nel mondo delle grandi opere, della cultura, dell’ambiente, del turismo. Poi – prosegue la Giacometti – sarebbe veramente necessario cominciare a disegnare un piano vero da comunicare ai cittadini per dare fiducia nel futuro e chiarire loro dove si sta andando perché nessuno sa e sfido qualunque italiano interrogato in questo senso a produrre una risposta chiara e trasparente di quello che si aspetta o che crede che stiano facendo i nostri governanti. E soprattutto – continua – guardare alla qualità delle persone che operano perché per essere dei buoni amministratori, mi dispiace, bisogna conoscere, aver studiato, aver investito tanto tempo nelle nostre università che in alcuni casi sono anche delle eccellenze. E ancora – precisa, rimarcando il concetto – agli alti livelli dare fiducia ai giovani. Che i senior comincino a fare dei passi indietro e trasmettano i loro saperi alle nuove generazioni approfittando delle qualità professionali che questi sono in grado di mettere in campo. Questa è la prima cosa da fare, poi cominciare a guardare alla risorsa donna come una reale risorsa per il Paese, ché noi siamo in un Paese ancora sostanzialmente, fondamentalmente, maschilista. Queste sono le cose che penso».

Andiamo verso la fine del nostro colloquio anche se la voglia di comunicare ci farebbe continuare.
Salvaguardia e tutela ambientale sono frutto di scelte politiche gigantesche come ci ha fatto capire e anche di piccoli gesti quotidiani. Dia un suggerimento ai nostri lettori. Una cosa concreta che ognuno di noi può fare il 5 giugno per celebrare nel proprio piccolo questa data e dare il suo personale contributo.

«Si. Uscire di casa. Se stai in una città storica andare a farti una passeggiata con il naso all’insù guardando quello che l’uomo ha costruito e ringraziarlo per quello che ha fatto. Se hai la possibilità di andare per sentieri, per le nostre coste, per i nostri parchi, un patrimonio che tanti cittadini hanno scoperto con questa pandemia, camminiamo, camminiamo, guardiamo, impariamo a guardare lentamente, usciamo dalla logica della mobilità con le auto, riappropiamoci del nostro corpo e reimmergiamoci nella natura perché è attraverso la natura e dalla sua conservazione che possiamo sperare in un futuro. Io spero che chi verrà dopo sia più saggio di noi perché certo non abbiamo dato grandi prove fino adesso».

Il tempo è corso via veloce e la necessità di essere brevi ci lascia con ancora domande e curiosità. Saranno argomenti per una prossima volta. Ringraziamo per la disponibilità e la cortesia. Ci saranno altre occasioni.

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