venerdì, Novembre 22, 2024
Ambiente

Pericolo in Italia dalla sabbia sahariana

di Gianluca De Angelis

Spesso tendiamo a dimenticarci di quanto l’enorme deserto del Sahara sia vicino al nostro Paese: a ricordarcelo, però, sono le piogge, che trasportano sulle città del sud Italia grossi quantitativi di sabbia. Se infatti la desertificazione è già di per sé un rischio per le nostre aree meridionali, con una sempre maggiore difficoltà a mantenere le zone agricole ben irrigate durante i periodi estivi di siccità, la sabbia desertica potrebbe comportare anche un pericolo per la salute umana: l’allerta arriva infatti proprio da Arpa Sicilia, l’Osservatorio epidemiologico dell’Assessorato alla salute della Regione siciliana (Dasoe), e dal dipartimento di epidemiologia del Sistema sanitario regionale del Lazio.

Lo studio condotto da questi due enti ha infatti analizzato gli effetti sanitari che proprio le sabbie sahariane hanno sulle terre e sulle popolazioni della Sicilia: più nel dettaglio, l’obiettivo iniziale è stato quello di dividere i quantitativi di PM10 nell’aria a seconda delle sorgenti  (totale, desertico e antropogenico), analizzandone poi la diffusione e l’impatto nelle quattro città principali della Sicilia (Palermo, Catania, Siracusa, Messina) e nelle tre macroaree della regione (nord-est, centro-sud, nord-ovest).

Ricordiamo come, quando si parla di Pm10 (Particulate Matter o Materia Particolata, cioè in piccole particelle) stiamo parlando di una delle numerose frazioni in cui viene classificato il particolato, ovvero il materiale particellare microscopico presente nell’atmosfera il cui diametro aerodinamico è uguale o inferiore a 10 µm (micron), ovvero 10 millesimi di millimetro. Circa il 60% dei PM10 è composto da particelle più piccole, dette PM2,5, che sono capaci di raggiungere in 30 giorni le porzioni alveolari dei polmoni: le conseguenze di queste particelle per la salute, come abbiamo visto, sono di natura estremamente dannosa, con effetti che possono andare dall’asma all’insorgenza di bronchiti fino alla manifestazione di tumori.

Analizzando i risultati dello studio condotto in Sicilia, è emerso che il PM10 di natura desertica è effettivamente associato alla mortalità e alle ospedalizzazioni sul territorio: come hanno spiegato infatti i ricercatori coinvolti nell’indagine, la sabbia è contenuta nella pioggia molto più spesso di quello che si pensi (anche quando non è immediatamente evidente all’occhio umano), tanto che sono stati identificati 962 giorni colpiti da precipitazioni di natura sahariana, circa il 30% dei giorni di pioggia totali analizzati. Sono state inoltre trovate associazioni significative tra il Pm10 desertico e la mortalità naturale sia nelle città sia nelle macroaree: i riscontri più evidenti sono stati trovati soprattutto con un’associazione tra le aree maggiormente colpite e i decessi per causa cardiorespiratoria. «Il Pm10 desertico mostra un’associazione chiara con ricoveri per patologie respiratorie, specialmente nelle 3 macroaree, contrariamente ai ricoveri per patologie cardiovascolari, che risultano associati con il Pm10 antropogenico (quello prodotto dalle attività umane) nelle 4 città» hanno detto gli studiosi, che hanno aggiunto come «si è stimato che la mortalità relativa al Pm10 desertico durante le stagioni calde (periodo Aprile-Settembre) risulta più elevata rispetto a quella delle stagioni fredde (periodo Ottobre-Marzo): 2,7% nelle 4 città e 2,5% nelle 3 macroaree».

Al momento, tuttavia, si può fare ben poco per contrastare questo fenomeno: gli spostamenti di sabbia, naturalmente, non possono essere fermati e hanno spesso una diffusione che và ben al di là delle regioni italiane (basti pensare alla portata di diffusione delle sabbie sahariane in Russia, Ucraina, Bulgaria e Romania degli ultimi mesi, con la neve tinta di giallo a causa proprio della sabbia trasportata dal deserto). Quel che è certo, tuttavia, è che il primo modo per contrastare le emissioni di Pm10 di carattere “ambientale”, sarebbe ridurre le emissioni derivanti dalle opere dell’uomo: un obiettivo sul quale si sta lavorando, ma che è ancora lontano dall’arrivare a risultati soddisfacenti. Forse questa volta, a darci una spinta ancora maggiore, sarà proprio…della semplice sabbia.

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