In Europa saranno gli insetti il cibo del futuro?
di Gianluca De Angelis
Se già vi immaginavate a sgranocchiare cavallette fritte al cinema al posto dei pop-corn, o a provare farina di grilli per creare originali tagliatelle entomologiche o ancora a mangiare gustose larve di formica comprate al supermercato, purtroppo le cose potrebbero rivelarsi più complicate del previsto. All’inizio del 2018 era esplosa, infatti, una certa euforia nei confronti degli utilizzi di questo “novel food”, con l’approvazione di un nuovo Regolamento Ue riguardante il trattamento di questi alimenti che era entrato in vigore proprio all’inizio dell’anno.
Le porte dell’Europa, però, che sembravano ormai spalancate nei confronti del consumo diffuso di questo tipo di alimenti, richiedono diversi passaggi abbastanza complicati per ottenere le autorizzazioni necessarie per la produzione sul territorio e per la distribuzione: chi vuole produrre un nuovo cibo, infatti, deve presentare una documentazione precisa, che deve includere le descrizioni dettagliate di tutte le procedure su come intende produrlo. Vanno descritti, ad esempio, il tipo di allevamento di formiche e i loro nutrimenti, lo spazio di allevamento, i tempi e le modalità di macellazione e di trattamento e così via: il progetto dovrà poi essere approvato in modo da avere libera diffusione all’interno del Paese di produzione. Se un alimento riceve l’autorizzazione in Francia o in Belgio, tuttavia, l’approvazione sarà valida anche per tutta Europa e, oltretutto (come per tutti i cibi), prima di richiedere l’autorizzazione bisognerà svolgere anche ricerche sull’aspetto allergico del singolo alimento.
“In Italia – ha spiegato il Ministro della Salute – non è stata formalizzata alcuna commercializzazione indiscriminata di insetti, e pertanto il consumo come alimento di un insetto o di un suo derivato potrà essere consentito solo quando sarà rilasciata a livello UE una specifica autorizzazione”.
Dal nostro Paese, oltretutto, per adesso nessuno ha ancora chiesto alla Commissione europea l’autorizzazione obbligatoria necessaria per commercializzare insetti: nonostante le difficoltà di introduzione nella dieta italiana e questo apparente scetticismo, secondo alcune interviste in realtà gli italiani si sono però detti curiosi di provare a mangiare insetti regolarmente. Dopotutto, di fatto, mangiamo già insetti senza saperlo: il consumo inconsapevole medio annuo di insetti per persona si aggira sui 500 grammi (il colorante rosso, ad esempio, deriva dalla cocciniglia) e diversi prodotti italiani incorporano già insetti più o meno grandi (si veda il casu marzu).
Ma perché si sente la necessità di consumare gli insetti anche in Europa, dove sicuramente tra i motivi principali non figura la mancanza di risorse? Cominciamo col dire che l’allevamento di animali da carne è estremamente inquinante e genera una produzione di gas serra equivalente al 18 per cento delle emissioni globali prodotte dalle attività umane: con un costo di produzione praticamente nullo, gli insetti offrono invece un’alternativa ecologica interessante, che può contribuire alla copertura del fabbisogno proteico della popolazione in crescita (sono alimenti estremamente nutrienti). Gli insetti, inoltre, sono estremamente efficienti per quanto riguarda il consumo di energia e di acqua: sono animali che hanno un’alta efficienza di conversione nutrizionale, con un piccolissimo fabbisogno di mangime per nutrirsi. Per intenderci, se per un bovino il valore di questo indice è di circa otto chilogrammi, per un insetto è mediamente pari a due.
Diversificare, dopotutto, è l’unica soluzione possibile per creare e diffondere una vera cultura della sostenibilità. In questo, le responsabilità dell’Italia dal punto di vista enogastronomico sono enormi, essendo un punto di riferimento globale: se gli insetti cominciassero ad essere consumati con regolarità anche nel Belpaese, con tutta probabilità la strada sarebbe spianata per una solida diffusione anche a livello europeo.