Expo: Attribuire un valore economico alla biodiversità agricola
La giornata di Anabio-Cia dedicata al biologico rimette al centro la questione di quale modello di sviluppo vogliamo per il futuro. La vicepresidente Cinzia Pagni: “Parlando di biodiversità in realtà affermiamo la diversità positiva dell’agricoltura italiana”. Il viceministro Olivero: “Ora bisogna dare spessore economico a questa scelta”. L’onorevole Cenni: “La mia legge vicina al traguardo, dovrebbe essere la legge di Expo che rende più democratici i sistemi agricoli”.
E’ tempo di passare dalla consapevolezza al reddito, dall’affermazione dei valori alla costruzione del valore. Irrompe in Expo la questione di quale agricoltura per quale sviluppo. E il seme di questo dubbio lo pianta la Cia con Anabio nella giornata dedicata alla biodiversità. Non c’è dubbio che il modello agricolo italiano possa essere proposto al mondo come un paradigma virtuoso di compatibilità tra tutela ambientale e intelligente sfruttamento delle risorse, ma perché questo avvenga è necessario che ci siano strumenti normativi, supporti scientifici e azioni economiche che assicurino il futuro alla nostra agricoltura. Se ne è discusso nella tavola rotonda che si è svolta oggi al Teatro della Terra, all’interno del Biodiversity Park, con il viceministro alle Politiche agricole Andrea Olivero, l’onorevole Susanna Cenni, la vicepresidente vicaria di Cia Cinzia Pagni, il presidente di Anabio -l’associazione delle imprese agricole biologiche aderenti alla Confederazione- Federico Marchini.
Perfettamente in linea con il tema dell’incontro “Come attribuire un valore economico alla biodiversità agricola” il viceministro Andrea Oliviero ha affermato: “E’ venuto il tempo di passare dalla costruzione della consapevolezza del valore della biodiversità e della coltivazione biologica alla realizzazione del valore economico della biodiversità. Ci servono strumenti normativi, ma anche accessibilità ai mercati, ci servono politiche economiche incentrato sul tema dello sviluppo sostenibile di cui l’agricoltura italiana è il paradigma. L’impegno del governo a Roma come a Bruxelles è quello di costruire le condizioni per la valorizzazione economica della biodiversità”. Ma farlo come? Ed ecco che i semi della libertà -cioè il riconoscimento dei diritti fitogenetici on-farm agli agricoltori contro il monopolio delle multinazionali delle sementi- fanno germogliare l’esigenza di porre al centro della riflessione nazionale e globale l’interrogativo sul modello economico.
E’ Susanna Ceni -prima firmataria della legge sulle “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria”- a porre con forza il tema. “Mi auguro che la mia legge, che già è stata approvata alla Camera sia la legge di Expo. C’è l’impegno di tutti ad approvarla entro la fine dell’Esposizione Universale perché questa legge è una sorta di manifesto operativo non solo per la tutela, ma per la valorizzazione della biodiversità. Con questa legge che pone la questione di quale agricoltura per quale cibo, che consente agli agricoltori di operare con le proprie sementi, che costruisce la rete e che crea l’anagrafe della biodiversità in realtà noi cerchiamo di democratizzare l’agricoltura: di impedire che il monopolio oggi esercitato da tre multinazionali che detengono l’80 per cento del mercato delle sementi per un valore di 15 miliardi di dollari all’anno si traduca in impoverimento della diversità agricola, che è impoverimento degli agricoltori. Con le parole di Papa Francesco che ha chiesto con la ‘laudato sì’ non un aggiustamento ma un mutamento del modello di sviluppo, io penso che questa legge sia il paradigma di una nuova economia”.
Un concetto ripreso anche da Cinzia Pagni -la vicepresidente vicaria di Cia- che ha affermato: “Noi continuiamo a batterci per questa agricoltura che tutela la biodiversità, che si fa custode, che interpreta se stessa nella multifunzionalità, ma siamo consapevoli che questo modello agricolo deve produrre reddito per esistere e deve produrre un modello. Perciò la biodiversità per noi è multiformità dei territori, delle sementi certo ma anche delle razze animali e dei microrganismi, è una biodiversità di sistema. Che dobbiamo proporre al mondo come modello alternativo di sviluppo. Lo faremo ad esempio come Cia anche ponendo la questione del lago Ciad che è emblematica: lì un’agricoltura fiorente è stata desertificata dall’omologazione colturale e dalla depredazione della risorsa idrica. Al contrario la nostra agricoltura è un’agricoltura che si preoccupa della risorsa naturale, che si perpetua nella sostenibilità per affermare la biodiversità”.
“Sono contento -ha commentato al termine dei lavori il presidente di Anabio Federico Marchini- perché finalmente la biodiversità è qualcosa che si tocca: acquisisce anche valore economico e il biologico non è più considerato un settore, ma un metodo di coltivazione felice capace di preservare la biodiversità e di generare valore economico dalla biodiversità”. Con questa giornata di Anabio-Cia, l’Italia agricola ritrova dunque la sua leadership proponendo al mondo un modello economico alternativo all’agricoltura omologata, massificata, iperintensiva.